Questo pezzo è originariamente apparso su http://www.techeconomy.it/ con cui collaboro editorialmente sui temi della digital transformation e della corretta visione dei fenomeni organizzativi ed economici creati della digitalizzazione.

La risposta alla domanda “Di chi è la tecnologia che sta in azienda?” sembra ovvia: del dipartimento ! Da sempre è la direzione che si occupa di questo, per competenza, tipologia di attività svolta, budget dedicato allo specifico ambito. Ma le cose oggi non vanno proprio così e la risposta non è univoca…

Partiamo dal budget: chi spende in tecnologia in azienda?

La leva degli economics nei budget dovrebbe garantire una chiara visione di come viene governata la dimensione della tecnologia. Peccato che nella realtà oggi alcuni dipartimenti commerciali, marketing in testa, siano invece degli spender importanti quanto e più a volte dell’IT, e non solo per elementi software “light” ma anche per le infrastrutture che stanno dietro gli strumenti in uso per comunicare e vendere.

Fonte: Gartner

 

Se questo non bastasse ancora, anche funzioni come quella del CFO o dell’HR si difendono alquanto bene in termini di spesa tech, anche a fronte di ecosistemi verticali in continua espansione per i rispettivi ambiti. Insomma, la tecnologia tende a distribuirsi tra le funzioni in termini di spending, seguendo la sua pervasività in tutti gli ambiti della quotidianità delle organizzazioni.

CHI SPENDE È L’OWNER?

Molte organizzazioni considerano ancora le loro strutture dei silos, senza comprendere che questa visione è superata dai fatti, se non dagli organigrammi. Prendiamo le tecnologie che le aziende vedono come rilevanti in termini in trend di evoluzione, tratte qui da un’infografica di Osservatori.net che ho avuto modo di commentare in questi giorni.

Se pensiamo ai titoli e proviamo a immaginare mobile, collaboration, user experience, data intelligence e tutto il resto sembra piuttosto difficile oggi, e lo è, attaccare loro il timbro di un’unica etichetta organizzativa.

Le cose poi peggiorano se ci si spinge in terreni che per loro stessa natura sono trasversali: prendiamo ad esempio la single customer view, oppure anche l’omnicanalità dove il conflitto appare inevitabile se non si prendono le dovute misure organizzative.

COME FUGGIRE DALL’ANARCHIA E DALLA “GUERRA CIVILE”? CON LA GOVERNANCE

Dal mio punto di vista quindi pensare che oggi ci sia qualche parte dell’azienda che possa tenere in pugno tutta la componente tecnologica è poco realistico. Ben diverso è invece è il tema della governance, in cui la pluralità di persone e strumenti trova riferimento in degli interlocutori ben precisi per una regia.

Ci sono almeno otto buonissimi motivi per cui la governance è oggi in un mondo digitale la soluzione per non ricadere in una situazione di shadow IT e per mitigare il rischio dell’anarchia:

  1. non si può impedire l’accesso alle tecnologie in modo parzialmente autonomo da parte di un numero sempre più ampio di persone. Dal BYOD alle soluzioni software pronte, tutti possono usare (ed acquistare) strumenti un tempo necessariamente centralizzati
  2. il time to market è sempre più costretto per pensare sempre di costruire ex-novo. Le soluzioni ready to use possono essere utilissime, basta che siano viste in una logica di insieme e non ciascuna per conto suo
  3. proprio perché sempre più persone usano (e acquistano) direttamente gli strumenti digitali è importante avere dietro un supporto di regia specifico che aiuti a prendere le strade corrette
  4. il digitale va concepito come un ecosistema coerente e articolato, di cui non va sottovalutata la complessità a fronte di singole soluzioni pronte
  5. il cliente va seguito attraverso tutti i touchpoint. Non è facile ma senza logica di ecosistema è impossibile
  6. non si possono concepire più grandi progetti digital senza integrazione con i sistemi IT aziendali. Il che richiede competenze ibride di business e di tecnologia e soprattutto una visione di insieme
  7. l’adozione di una tecnologia deve essere figlia di strategia e studio degli obiettivi, non il contrario. Non va quindi solo scelta la “moda del momento
  8. la collaborazioni tra funzioni in un contesto di competenze cross è indispensabile. Ma non è così facile abituare culturalmente le persone, senza contare le difficoltà di capirsi in linguaggi diversi.

TORNIAMO ALL’INIZIO: CHI GOVERNA?

La risposta qui secondo me non è univoca ma dipende molto dal tessuto organizzativo e dalle persone di cui dispone l’azienda.

fonte: Brian Solis

La realtà dell’IT non è da escludere, ci sono già dei CIO che stanno evolvendo il loro modo di porsi e, soprattutto, stanno adeguando la maniera in cui i loro team lavorano. Una soluzione questa che offre maggiore continuità con il passato ma richiede un forte cambio culturale nei team ICT per essere efficaci e non farsi percepire invece come un’entità lenta e ostruzionista.

Un altro approccio possibile è quello di avere dei team dedicati con competenze trasversali, guidati da un Chief Digital Officer o da una figura equivalente.  Lo sforzo qui diventa quello di legittimazione del nuovo ruolo che deve trovare i giusti equilibri con tutte le componenti dell’azienda e i relativi giochi di potere. Ruolo quindi che richiede grande intelligenza organizzativa e relazionale prima ancora che tecnica.

Infine potrebbe realizzarsi il caso di un comitato direzionale formato da diversi stakeholder che con modalità ben precise e prefissate si coordinano per dare indirizzo alle scelte. Sicuramente un approccio che risulta complesso in termini pratici di gestione ma allo stesso tempo è espressione di vari punti di vista.

Che la ricetta sia una di quelle descritte sopra o che si trovino ancora altre vie appare chiaro che la sfida non è più solo legata alla competenza tecnica in senso assoluto quanto a una combinazione di questa con doti relazionali e di analisi dei bisogni aziendali.

Un insieme di skill professionali che sapranno premiare chi riesce a padroneggiarle tutte in modo equilibrato.