Tre anni fa ho scritto un post che si intitolava chi gestisce (e come) la tecnologia in azienda”, nel quale affrontavo il tema della governance tecnologica, della gestione dei budget e del rapporto tra il mondo It e il resto dell’organizzazione, e questo post seguiva a sua volta a distanza di altri quattro anni un suo predecessore.

E’ trascorso quindi abbastanza tempo per tornare sul tema!

LA TECNOLOGIA LA SEGUE CHI SI OCCUPA DI TECNOLOGIA…O NO?

In passato, qualsiasi app non gestita direttamente dall’IT era considerata shadow IT.

Ora, le app Saas di proprietà dei vari dipartimenti sono passate alla luce del giorno e costituiscono la percentuale maggiore (48%) di app gestite ufficialmente negli stack tecnologici. E rappresentano la maggioranza (69%) della spesa mentre le app di proprietà dell’IT rappresentano solo il 17% delle app in stack e il 28% della spesa.

Sono alcuni numeri di un interessante post di Scott Brinker che vi consiglio molto e che guarda, appunto, al mondo del software as a service.

FONTE: ChiefMartech.com

Questa tendenza nel SaaS si parla molto bene con i ragionamenti sul no code e low code di cui ho scritto qualche giorno fa, dove il 44% di tutti i processi automatizzati sono realizzati al di fuori dell’IT (sono sempre numeri che riporta Scott Brinker e che vengono dal rapporto 2024 Work Automation & AI Index di Workato, un’azienda leader nel settore dell’automazione aziendale che fornisce una piattaforma low-code/no-code).

Se leggete i miei contributi del 2021 e del 2017 vedrete in controluce già presenti queste tendenze (le prime piattaforme di quello che oggi possiamo definire sviluppo low code sono apparse già attorno al 2011 e si è iniziato a definirle tali proprio una decina di anni fa, nel 2014) ma è chiaro che oggi la facilità di accesso non solo all’acquisto della tecnologia con il Saas ma anche la capacità di sviluppare in autonomia con il low/no code e la AI Generativa hanno reso tutto più veloce, affascinante e difficile da controllare.

E’ innegabile che l’accelerazione tecnologica sia incredibile e sempre crescente ma come scrivevo qui un generale aumento di velocità non è un fatto in assoluto nuovo, e non solo tecnologicamente parlando. E anche qui devo dire che a suo tempo avevo visto giusto parlando di una governance moderna.

OWNERSHIP, MA CON GIUDIZIO

Sempre nel post del 2017 avevo elencato un po’ di principi che sono sempre molto attuali, visto che la chiave non è più nella “ownership” intesa in senso ossessivo ma nello stabilire dei meccanismi per mantenere ordine senza ingessare:

  • non si può impedire l’accesso alle tecnologie in modo parzialmente autonomo da parte di un numero sempre più ampio di persone. Dal BYOD alle soluzioni software pronte, tutti possono usare (ed acquistare) strumenti un tempo necessariamente centralizzati
  • il time to market è sempre più costretto per pensare sempre di costruire ex-novo. Le soluzioni ready to use possono essere utilissime, basta che siano viste in una logica di insieme e non ciascuna per conto suo
  • proprio perché sempre più persone usano (e acquistano) direttamente gli strumenti digitali è importante avere dietro un supporto di regia specifico che aiuti a prendere le strade corrette
  • il digitale va concepito come un ecosistema coerente e articolato, di cui non va sottovalutata la complessità a fronte di singole soluzioni pronte (pensate alla Cina e alla sua evoluzione).
  • il cliente va seguito attraverso tutti i touchpoint. Non è facile ma senza logica di ecosistema è impossibile
  • non si possono concepire più grandi progetti digital senza integrazione con i sistemi IT aziendali. Il che richiede competenze ibride di business e di tecnologia e soprattutto una visione di insieme
  • l’adozione di una tecnologia deve essere figlia di strategia e studio degli obiettivi, non il contrario. Non va quindi solo scelta la “moda del momento
  • la collaborazioni tra funzioni in un contesto di competenze cross è indispensabile. Ma non è così facile abituare culturalmente le persone, senza contare le difficoltà di capirsi in linguaggi diversi.

Tutto direi molto attuale sette dopo. E il CIO allora che deve fare?

IL RUOLO DEL CIO

I CIO si trovano ora all’intersezione tra tecnologia e business, sfruttando le innovazioni per modellare le direzioni organizzative, creare valore e aumentare le entrate, come emerge dal documento “FutureScape: Worldwide CIO Agenda 2024 Predictions” di IDC.

I CIO che co-dirigono e forniscono risorse ai team di distribuzione digitale end-to-end con i loro CxO hanno più del doppio delle probabilità di raggiungere o superare i risultati dei loro investimenti nella tecnologia digitale rispetto ai CIO che lasciano la fornitura di funzionalità digitali ai propri dipartimenti IT.

Per capitalizzare e promuovere l’impegno dei CxO verso la leadership digitale, i CIO devono identificare profili executive di varie funzioni e adattare il loro impegno per aiutarli a diventare più competenti.

Fonte: Gartner

Gartner definisce questo modello come un “franchising” per la Digital Delivery che si compone delle tre parti qui sotto.

Fonte: Gartner

  1. Co-lead

Una caratteristica distintiva dei CIO “franchising” è che sostengono i loro colleghi CxO che co-guidano la distribuzione digitale, elevando i loro ruoli e quella dei loro dipartimenti IT, non concentrandosi sulla proverbiale “sedia al tavolo” delle decisioni per non essere coinvolti troppo tardi o sul “plasmare la domanda” che arriva da altri parti, ma incoraggiando, educando e facendo in modo di fornire ai leader aziendali e ai loro team gli strumenti per co-condurre la propria attività.

  1. Co-deliver with fusion teams

Per coltivare la responsabilità condivisa, i “franchisor” devono creare fiducia e trasparenza con i loro colleghi CxO e i team aziendali, attraverso un impegno propositivo e autentico. La creazione di team che fondono membri del team IT e di altre aziendali crea questo coinvolgimento e semplifica il processo di accesso agli strumenti e le piattaforme tecnologiche necessarie per essere efficaci.

Uno dei modi più efficaci per affrontare questa opportunità è progettare piattaforme tecnologiche condivise e componibili che forniscono tecnici all’interno e all’esterno dell’IT con tutto ciò di cui hanno bisogno per creare capacità digitali.

  1. Co-govern to minimize risk

Per essere efficace nella gestione della conformità e del rischio in un modello di franchising, è necessario passare da una governance classica a un’orchestrazione, che mitiga i rischi della condivisione delle attività digitali pur mantenendo i suoi benefici.

Le comunità di pratica (CoP) sono uno dei modi di maggior impatto possibili superare il rischio che un modello franchising porti alla creazione di “isole” senza coordinamento o standardizzazione, oltre a creare degli ottimi meccanismi di feedback.

E, infine, è importante collaborare con tutti i CxO per co-creare metriche comuni per misurare il coinvolgimento di queste comunità, non solo i risultati.

E’ FINITA ALLORA L’EPOCA DEI CHIEF DIGITAL OFFICER?

Alla domanda qui sopra ho provato a rispondere varie volte, di cui l’ultima in modo piuttosto dettagliato è stata questa.

Quello che mi verrebbe da ribadire anche oggi è che è proprio il concetto di executive del “Digital” a perdere di senso a favore di un ruolo di facilitatore delle connessioni interne, qualcosa di più simile al Chief Connection Officer di Gartner ma con un forte focus sul modo di lavorare, anche grazie ad una tecnologia da rendere più umana.

Come dicevo qualche tempo fa a proposito di Chief Metaverse e Chief AI Officer, quando si fa innovazione molto spesso ci si dimentica la domanda più semplice, ossia il perché stiamo facendo una certa scelta, da cui deriva poi in modo sano il come si applicano le cose, evitando il mero copy and paste e l’effetto “bambino nel negozio dei dolci” dove si vorrebbe prendere tutto quello che si vede sullo scaffale della tecnologia.

Di certo in questo momento con tutte queste sollecitazioni mediatiche non è facile, ma proprio per questo servono professionalità all’interno delle organizzazioni che aiutino a pilotare in modo discreto ma solido questo cambiamento.

Altrettanto fondamentale è la centralità delle persone nel disegno, siano esse clienti o dipendenti, attorno ai quali va costruita la tecnologia migliore (e non viceversa) per raggiungere gli obiettivi.

Per questo vedo con grande favore il concetto di avere una persona o un gruppo di persone che presidiano il processo di innovazione in modo lucido, non legato alla tecnologia specifica del momento e che tenga conto delle reali necessità e opportunità dell’organizzazione, senza dimenticare le implicazioni organizzative, la fondazione tecnologica necessaria e l’employee e customer experience.

E che siano capaci di comunicare, spesso un limite nei CIO più tradizionali.

Chief Digital Officer, CIO, o altro ancora, il nome è relativo, ciò che conta è il contenuto e questi ruoli di trasformazione più che inutili diverranno invisibili, perché chi si occupa oggi di queste cose guida un processo che appare ormai (quasi) naturale ma che deve essere continuamente evoluto, facilitando e umanizzando la tecnologia.