Circola molto spesso in questi giorni la battuta che la responsabilità della Digital Transformation nelle aziende è oggi in carico soprattutto al COVID-19, e per alcune organizzazioni sicuramente questo in parte è vero vista l’accelerazione imposta dall’emergenza al modo di lavorare.

Fonte: Forbes

Come ho scritto però in febbraio, quando il virus era un problema strettamente cinese e non si poteva immaginare quello che sarebbe successo, la tecnologia aveva lo stesso problema che ha anche oggi: senza obiettivi e strategia non funziona, nemmeno la più potente e strutturata.

Infatti, la tecnologia risolve i problemi se viene usata per affrontare le giuste questioni e se c’è l’organizzazione interna e le condizioni adatte a supporto. Viceversa, più sono sofisticati gli strumenti e più essi tireranno fuori in modo impietoso i limiti sui dati disponibili, sulle difficoltà operative, sull’inadeguatezza delle infrastrutture tecnologiche preesistenti e sulla mancanza di obiettivi chiari.

L’esempio della marketing technology

Ne ho trattato nel mio libro Marketing Technologist a proposito della martech perché in questo dominio di competenza il problema diventa ancora più esplosivo e veloce a manifestarsi, dato che si parla di clienti finali e che il cambio culturale (ed organizzativo) che si porta dietro è più forte che in altri settori aziendali.

Specie ora che è necessario mantenere una relazione a distanza con il proprio cliente che a sua volta si trovino momento personale difficile.

Non è tuttavia una situazione nuova, il video che trovate sopra è del 2014 e lo uso spesso per esemplificare questi concetti perché è divertente ed efficace.

Oltre alla tecnologia di martech c’è un altro esempio che credo renda assai bene l’idea: i social network aziendali.

L’esempio dei social network aziendali

Anche in questa sfera oggi ci sono delle soluzioni davvero ottime sul mercato, alcune delle quali nascono direttamente come declinazione aziendale di popolari social consumer.

All’apparenza quindi l’adozione dovrebbe essere immediata vista la maggiore familiarità con questo genere di strumenti: come ci dicevamo che giorno fa con l’amico Giuseppe Mayer in una conversazione su Instagram live infatti la grammatica è nota rispetto a quella un tool da usare solo in azienda.

La mia replica è stata che la grammatica è nota ma con la grammatica bisogna costruire delle frasi altrimenti non ci sono un senso e uno scopo.

Correttamente quindi tutti i player più seri di questo settore prevedono come parte integrante del progetto una fase di studio e di costruzione delle logiche editoriali, di chi fa che cosa, delle modalità di moderazione e degli obiettivi.

Ma non è facile passare questi concetti nelle organizzazioni e di conseguenza spesso il social corporate (che in un momento come questo potrebbe essere prezioso per l’employee experience e relativo engagement) resta di un silenzio desolante, reso ancora più frustrante dal confronto con la sua versione consumer.

Il caso della collaboration

Viceversa, in questo momento è stato molto più facile per tutti tipi di organizzazione muovere l’adozione di strumenti di collaborazione a distanza sia per i documenti che per le videoconferenze.

Gli stessi analisti di Forrester in un podcast che trovate a questo link si stupiscono quasi della bassa difficoltà per i dipendenti (anche in Italia) pur non nascondendo le problematiche di tipo tecnologico e quelle legate alla cultura organizzativa (vi consiglio l’ascolto).

Perché è tutto relativamente più facile? Semplice, perché l’obiettivo è comprensibile a tutti, poter continuare a lavorare anche se non si può recarsi in ufficio.

E quindi, mediamente, l’auto organizzazione di necessità supera anche i limiti di strategia a fronte di uno scopo molto chiaro, mentre diverso sarà capire cosa succederà quando le cose si saranno un po’ normalizzate e questo remote working dovrà diventare smart working.

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