Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog della collana di libri “Professioni Digitali” ed è basato sui contenuti del mio libro Marketing Technologist di cui costituisce una integrazione.

LA CINA ALL’AVANGUARDIA DELLA MARTECH?

“We tried to roll out what worked well for us in Japan, Germany, the UK, Spain, France, Italy, and the US, but it needed more local-market customization. If you want me to give one meta-lesson, it’s that one.” Jeff Bezos, fondatore di Amazon, parlando della Cina

Qualche anno fa questa domanda avrebbe fatto quantomeno sorridere ma oggi la situazione è drasticamente cambiata e se si fa del business in Cina o comunque con i clienti cinesi si deve tenere in debita considerazione l’insieme di strumenti e di abitudini digitali che i consumatori del paese del dragone hanno fatto proprie, grazie anche ad una crescita imponente degli operatori della tecnologia digitale.

Si può imparare dalla Cina in termini di martech e di ecosistema digitale?

L’evoluzione delle dimensioni di questo mercato è sicuramente rappresentata dai tre colossi che si celano dietro l’acronimo BAT: Baidu (il motore di ricerca cinese, un po’ in declino), Alibaba (il colosso dell’E-commerce con Taobao e Tmall che però ha molti altri interessi) e Tencent (la società che sta dietro a WeChat).

Si tratta del contraltare cinese dell’acronimo GAFA che indica Google, Amazon, Facebook e Apple, un trio che in termini di volumi può competere alla pari con i giganti della tecnologia a stelle e strisce.

Alibaba dalla quotazione Usa nel 2014 ha visto raddoppiare il suo valore fino a diventare la prima società cinese per capitalizzazione, con una valutazione di oltre 400 miliardi, seguita da vicino da Tencent Holdings con una cifra molto simile.

La dinamicità e la crescita del mercato però sono testimoniate anche dai tanti “unicorni, ossia nella metafora creata da Fortune nel 2015 le startup che hanno una valutazione superiore al miliardo di dollari. Ce ne sono 309 nel mondo e in Cina si trova quella dal valore più alto, 75 miliardi di dollari, tre in più di Uber: ByteDance, che ha sviluppato Toutiao, piattaforma che unisce le caratteristiche di un social network a quelle di un sito di news con 120 milioni di utilizzatori giornalieri.

È in buona compagnia, dato che dopo Uber al terzo posto c’è Didi Chuxing (56 miliardi), che tra le altre big mondiali c’è Lui.com (38 miliardi) e che in tutto il globo la Cina è seconda solo agli Usa in questa particolare classifica con 82 unicorni.

Altrettanto sicuramente non si può definire la Cina un’economia (anche digitale) come un’altra: in effetti le misure governative hanno portato il web cinese ad essere una grande intranet poco permeabile dall’esterno, a beneficio degli affari di chi non può essere messo direttamente in concorrenza con le grandi tech company occidentali.

Company occidentali che dove possono quindi cercano alleanze e joint venture, specie per l’accesso al ricco mercato delle vendite online, che registra record su record, a partire da quelli incredibili del giorno dei single (11/11) di Alibaba che nel 2019 ha segnato 1 miliardi di dollari di vendite online nel primo minuto.

La Cina infatti è anche il più grande mercato e-commerce del mondo; rappresenta oltre il 40% delle transazioni globali al dettaglio online e il valore dei pagamenti mobili in Cina è 11 volte maggiore di quello degli Stati Uniti.

Nel settore del lusso, in cui i consumatori cinesi rappresentano un terzo della spesa totale globale con la previsione di raggiungere il 41% entro il 2025, Yoox Net-a-Porter (Gruppo Richemont) ad esempio ha stretto un’alleanza con Alibaba per agire sul Luxury Pavillion di Tmall mentre Farfetch ha preso in gestione il portale TopLife dell’altro grande portale e-commerce JD.com.

Nel frattempo poi a fronte di questa attenta gestione del mercato interno i colossi del digital cinese stanno di fatto competendo su scala globale, con una penetrazione già forte in mercati geograficamente vicini (ad esempio il South East Asia) ma con una posizione di leadership a livello globale in molti settori: la piattaforma WeChat è probabilmente la più sofisticata al mondo, i sistemi di pagamento mobile sono la norma, la ricerca su realtà virtuale (VR) e intelligenza artificiale è ai massimi livelli sia come investimenti che come risultati già conseguiti, al punto che Gartner stima che entro il 2021 il 50% delle organizzazioni avrà adottato la tecnologia di un gigante tecnologico cinese.

Tutto questo in un contesto in cui l’accesso alla rete è fortemente controllato sia in termini di che cosa è visibile in termini di siti e servizi sia in termini di tracciamento delle attività effettuate dai navigatori.

Una situazione complessa, non replicabile altrove e ricca di contraddizioni che però ha diversi elementi su cui vale la pena di spendere la nostra attenzione sia per affrontare questo mercato che per pensare a delle situazioni che possono essere importanti anche nei nostri contesti occidentali.

L’IMPORTANZA DELL’ECOSISTEMA

Ne ho parlato in diversi punti di questo libro: la parola ecosistema è sempre più rilevante quando si parla di strumenti digitali e di business ad essi legato.

I colossi cinesi hanno capito molto bene questa lezione e al di là della punta dell’iceberg del servizio principale che noi conosciamo in occidente hanno al loro interno un vero e proprio dedalo di soluzioni di norma ben integrate già tra loro.

Prendiamo ad esempio l’ecosistema di Alibaba, che dietro i noti Taobao e Tmall (E-commerce) comprende una galassia di aziende e servizi, tra cui senza essere esaustivo cito:

  1. Alimama (Digital Marketing)
  2. Alicloud (Servizi in cloud, IaaS e Paas)
  3. Aliexpress (Global MarketPlace)
  4. 1688.com (MarketPlace Wholesale domestico)
  5. Alipay (mobile payment)
  6. Ant Financial (Fintech)
  7. Cainiao (servizi logistici)
  8. Fliggy (viaggi online)
  9. Freshippo, prima noto come Hema (negozi fisici ad alto tasso di tecnologia che sdoppiano il loro ruolo organizzandosi come piattaforme logistiche dalle quali vengono prelevati i beni e spediti a casa dei consumatori)

Inoltre Alibaba ha fatto crescere attorno alle sue piattaforme e-commerce, Tmall in primis, un network di partner certificati sul modello di Google o di altre big occidentali. Sono i cosiddetti TP, Tmall Partner, delle aziende di servizi integrati di vendite online, operation e marketing che in alcuni casi raggiungono la scala dimensionale di migliaia di dipendenti e sono capitalizzate sia in Asia che al Nasdaq.

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L’ecosistema di Alibaba

Da parte sua Tencent risponde a questo ecosistema con un numero importante di servizi, frutto dell’investimento in 700 aziende negli ultimi 11 anni, di cui riporto solo parte degli esempi per darvi l’idea della varietà di settori coperti:

  1. QQ (Instant Messaging)
  2. Wechat (piattaforma dalle numerose funzioni)
  3. WeChat Pay (Pagamenti mobile, cui si aggiungono i servizi Tenpay e QQ Wallet)
  4. Tencent Games (Giochi online)
  5. Tencent Comic (online animation)
  6. Tencent Pictures (entertainment)
  7. Tencent Music Entertainment Group (online music)
  8. Tencent classroom (piattaforma educational)
  9. Tencent Cloud (Servizi in cloud, IaaS e Paas)
  10. Tencent Map (Mappe)
  11. Tencent News (Notizie)

La cosa significativa di questi due ecosistemi come di quelli minori presenti sul mercato cinese è che sono appunto sistemi di strumenti collegati tra loro e non solo una collezione di aziende diverse comprate da una holding.

Parte dell’ecosistema Tencent

Infatti, oltre a produrre grandi revenue, questi complessi generano una quantità di dati integrati che permettono oggi a questi operatori di fare alcune delle proposizioni di marketing più avanzate che ci sono sul mercato, complice anche un’interpretazione della privacy che spesso non è propriamente quella a cui siamo abituati.

DATA DRIVEN MARKETING

Un primo esempio della capacità di usare i dati che questi ecosistemi possono consentire viene dal Single Day: già nel “lontano” anno 2017 il sistema di raccomandazioni intelligenti di Alibaba ha creato in automatico qualcosa come 56,7 miliardi di liste della spesa di raccomandazioni personali diverse per i clienti, sulla base dei diversi consumatori che accedevano in quel giorno alla piattaforma Taobao.

Nell’edizione 2018 invece il tool di intelligenza artificiale Luban ha progettato cumulativamente circa 6 milioni di banner per 200.000 imprese / commercianti, ossia la maggior parte dei banner e delle immagini promozionali visibili su Tmall sono stati progettati con l’AI che già raggiunto il livello estetico di un designer avanzato. Luban è in grado di fornire decine di soluzioni e progettare 8.000 banner diversi ogni secondo.

Sempre Alibaba, all’interno della sua company Alimama, ha inoltre realizzato un sistema di intelligenza artificiale in grado di produrre 20.000 righe di contenuto copy al secondo.

Una capacità impressionante di personalizzazione che fa leva su grandi moli di dati e una capacità di gestione dell’intelligenza artificiale assolutamente di primo piano a livello globale.

JD.com a sua volta è un buon esempio di conduzione di campagne di marketing utilizzando i big data e la tecnologia di data mining. I dati del comportamento degli utenti, inclusi la ricerca di elementi, la visualizzazione della pagina, il clic, la consulenza, l’attenzione, l’inserimento nel carrello della spesa, l’ordinazione e la compilazione dell’indirizzo vanno ad alimentare un modello basato su queste informazioni per memorizzare i profili dei navigatori.

Tencent a sua volta ha sviluppato una piattaforma intelligente di gestione per integrare i dati interni con dati esterni e fornire agli inserzionisti una piattaforma di servizi di comunicazione diversificata, aperta e sicura. Tutti i dati sono classificati in base a diverse dimensioni e sono organizzati in più di 3000 tag, tra cui attributi di base, interessi sociali, interessi di intrattenimento, preferenze multimediali, ecc.

Ottenendo il massimo da questi dati, un’azienda può personalizzare i profili di pubblico di destinazione, e tal proposito vi ricordo solo che WeChat ha oltre 1 miliardo di utenti registrati e viene usato per moltissime attività (perfino la ricezione delle pagelle scolastiche).

Infine Alibaba ha creato Uni Identity, un meccanismo di accesso unico del cliente (vi ricordate il CIAM e la questione degli ID del capitolo sulle tecnologie?) che alimenta un database con 500 milioni di clienti dei diversi servizi che il colosso cinese collega tra loro attraverso un identificativo comune e trasversale.

Dal momento che i servizi offerti da Alibaba Group sono numerosi e molto vari praticamente ogni giorno un consumatore cinese entra in contatto con questo sistema di dati arricchendolo di volta in volta con aspetti diversi (shopping, viaggi, consumi culturali e multimediali etc.) che contribuiscono a creare un profilo pronto per l’ingaggio.

MOBILE FIRST È POSSIBILE, ANZI LA REGOLA

Come e molto più di altri mercati che sono entrati nella digitalizzazione in un secondo momento rispetto all’occidente i cinesi per un molti versi hanno superato la frase dei pc passando direttamente a quella dei cellulari per accedere a internet e usare i vari servizi attraverso le app.

I dati del Ministero dell’Industria e dell’Information Technology mostrano che, alla fine di febbraio 2019, il numero totale di utenti di Internet mobile in Cina era di circa 1,41 miliardi e il numero di utenti che utilizzavano telefoni cellulari per navigare in Internet era 1,27 miliardi.

Il mercato cinese è dunque davvero una realtà mobile first che può essere presa a riferimento da tutti gli operatori economici che si proclamano effettivamente pronti per questo canale ma che spesso nella realtà hanno molte lacune nel passaggio da una versione per computer a una per cellulare.

Questa maturità apre un mondo di opportunità legate all’interazione con il brand nel contesto fisico e richiede di creare una customer experience estremamente fluida e consistente.

Ne sono un esempio le app di mobile payment che oltre ad essere integrate profondamente con i grandi ecosistemi di cui ho parlato poco più sopra (WeChat Pay e Alipay assieme fanno il 90% del mercato) pongono grande attenzione in tutti gli aspetti di uso, dalla facilità di gestione ad una precisione sconosciuta ai pagamenti elettronici occidentali nei messaggi di successo/insuccesso della transazione.

Più di mezzo miliardo di persone in Cina hanno pagato con i loro telefoni in negozi fisici, secondo lo Statista Digital Market Outlook, ossia un numero che equivale a un tasso di penetrazione di oltre il 35%, il più alto del mondo.

Non a caso questo genere di strumenti è usato nei contesti più vari: nel mio ultimo viaggio in Cina ad esempio ho avuto modo di vedere a Shanghai un artista di strada che nella custodia della chitarra non aveva delle monete ma due cartelli plastificati con i QR di Alipay e Wechat Pay per ricevere le offerte dei passanti via mobile!

Gli stessi QR iniziano poi ad essere superati, dato che molte catene di negozi accettano ormai anche pagamenti basati sul riconoscimento facciale, che consente addirittura di non dover nemmeno ricordare di portare con sé il proprio device mobile.

L’integrazione tra retail fisico e digitale d’altra parte è nel mirino dei nuovi modelli di business dei big cinesi, con il New Retail di Alibaba, il boundaryless commerce di JD.com e lo Smart Retail di Tencent, che intendono sviluppare ancora di più una visione unica del cliente, creare un coinvolgimento continuo del consumatore e consegnare sempre e ovunque.

Sul punto delle consegne, nel 2015 partendo da alcuni dati Amazon ho scritto un post dal titolo “Avete mai pensato all’E-commerce come negozio per chi abita nelle località più remote?” in cui discutevo la falsa percezione per cui siamo abituati a pensare all’acquisto e-commerce come a qualcosa di tipico dei contesti più evoluti, legato ai ritmi veloci del lavoro e del consumo metropolitano.

Ebbene, anche su questo la Cina ci offre una conferma, dato che il ritmo di crescita dell’e-commerce nelle città più piccole è molto più elevato rispetto alle metropoli, in virtù di una minore offerta di negozi fisici, specie per quanto riguarda i grandi brand internazionali.

Tenete conto in questo delle distanze in un paese di quelle dimensioni (quindi delle operation logistiche) e del fatto che ci sono oltre 120 città con più di 1 milione di abitanti.

La prospettiva di convergenza tra canali infine è ancora più interessante se si pensa che entro il 2022 il mercato al dettaglio online della Cina da $ 1,8 trilioni sarà più del doppio di quello degli $ 832 miliardi degli Stati Uniti.

Ancora come ultimo esempio, solo il 6% degli acquisti di lusso cinesi viene fatto attraverso la sola visita nei negozi, senza touchpoint digitali, e solo l’11% simmetricamente è esclusivamente online; quindi ben l’82% di tutti percorsi di acquisto del lusso cinese si svolge lungo customer journey definiti come casi di “ricerca online, acquisto offline” (ROPO).

Sono solo alcuni spunti di riflessione, e molti se ne potrebbero ancora citare, specie per coloro che hanno ancora una visione della digitalizzazione molto centrata sull’occidente.

Mi piace a questo punto sottolineare che per fare tutto questo serve una grande capacità nell’execution, il che mi porta al paragrafo seguente.

L’IMPORTANZA DELLE OPERATION PER LA CUSTOMER EXPERIENCE

Un’altra cosa che colpisce del mondo cinese, resa ancora più spinta dalla prossima crescita del retail omnichannelè la grande attenzione a tutte le componenti di attività di backoffice, logistiche, di produzione di contenuto e in generale di “operation” che altrettanto largamente sono trascurate nell’ambito dei processi di evoluzione digitale delle aziende occidentali.

Come sapete dalle statistiche e dalle considerazioni che ho condiviso nei capitoli precedenti invece la cura di quello che succede dietro le quinte in verità influenza moltissimo l’esperienza finale del cliente.

Molta parte dell’offerta delle grandi società di e-commerce e marketing integrato include la fornitura di personale, tecnologie e processi in outsourcing volti proprio a coprire questo genere di attività, spesso retribuite con una fee percentuale sui risultati di business.

Infatti, dal momento che il consumatore cinese ha saltato molti passaggi evolutivi rispetto all’e-commerce, alle app mobile e all’omnichannel le sue aspettative di partenza sono molto alte, dato che non ne ha vissuto le fasi più pionieristiche con tutte le possibili limitazioni tecniche.

Nel fare quindi marketing in Cina ci si trova davanti ad un’estremizzazione di tutti i trend che abbiamo visto nei capitoli precedenti: un consumatore multipiattaforma e abituato ad essere riconosciuto cross device in degli ecosistemi in cui passare da un servizio all’altro è fluido, un individuo fortemente social (oltre il 90% degli adulti online cinesi delle aree metropolitane dichiara di postare sui social media almeno settimanalmente), con alte aspettative in tutta l’esecuzione della sua experience.

Per queste ragioni molta attenzione è posta al customer care, anche online e via chat, che viene visto giustamente come un meccanismo di vendita e di CRM oltre che di servizio, compreso in settori dove normalmente in occidente si dedica meno attenzione a tale pratica.

Mi fermo qui, senza approfondire tanti altri aspetti come la rilevanza fondamentale degli influencer (KOL, key online people), la necessità di gestire un calendario commerciale peculiare fatto di festività locali reali e commerciali, la scelta quasi obbligata di avere delle infrastrutture informatiche in loco o ancora l’importanza di lavorare su di un’attenta localizzazione delle campagne rispetto alla sensibilità cinese.

Quello che mi preme invece trasmettere è che molti dei concetti che ho trattato in questo libro parlando di customer experience, tecnologia e capacità di esecuzione non sono teoria ma qualcosa che si può realmente applicare con successo con i clienti.

Certo, la Cina non è un paese come un altro e la creazione di alcuni ecosistemi è stata favorita dalle politiche governative che hanno chiuso le porte a diversi player esteri, con un mercato interno che è sufficientemente grande da creare dei colossi già solo partendo dal pubblico domestico.

Tuttavia, non si può non guardare a questa nazione se si vuole capire fino a dove si può spingere, già oggi, la combinazione di martech, artificial intelligence, social media, mobile con al centro il cliente e la sua experience.

Il marketing per seguire tutto questo deve essere coraggioso e pionieristico, deve aggiornare continuamente la propria conoscenza dei consumatori cinesi e degli ecosistemi digitali innovando continuamente e deve sviluppare una struttura organizzativa e operativa agile che permetta di accelerare il processo decisionale e l’esecuzione da parte dei team di marketing locali (fondamentali!).

Tutte cose necessarie e urgenti da maturare anche nei mercati occidentali, che in Cina però sono già indispensabili oggi.

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