In questi giorni è rovente il dibattito sulla sospensione di Trump dai vari social, Twitter in testa, che ha fatto nascere appelli incrociati tra la libertà della rete e la stanchezza per la violenza verbale e le fake news che impazzano online.

LA VICENDA TRUMP E LA POLITICA

Personalmente ho trovato molto bene articolato e chiaro questo pezzo di Federico Gennari Santori, in particolare i punti in cui scrive che:

    1. non è appropriato parlare di censura, ci sono delle motivazioni e esistono altri canali tramite cui Trump può esprimere le sue opinioni (che ci piacciano o meno);
    2. i fatti di Washington testimoniano che certe argomentazioni ed esortazioni (non importa di che parte politica) portate avanti sui social possono oramai mobilitare all’azione delle persone, e non sono solo chiacchiere;
    3. in conseguenza del punto precedente, non bastano solo le policy e gli stessi social in qualche modo devono essere supportati da un contesto regolatorio esterno a loro stessi, non tanto e solo per limitare il loro potere ma anche per aiutarli (quando sono in buona fede) nella governance che in questi casi non è oggettivamente facile.

Come scriveva pochi giorni fa Stefano Epifani in assoluto non è una buona notizia che queste attività di “silenziamento” siano in mano a delle piattaforme: oggi colpiscono qualcuno che ne ha combinate parecchie, ma i loro criteri restano soggettivi e non regolamentati, prima poi toccherà a qualcuno che ci piace o a noi stessi, con o senza motivo.

Quindi la politica è il grande assente finora, forse anche perché purtroppo in molti paesi incluso il nostro l’utilizzo come “cannone spara tutto” a fini elettorali del social è molto in voga, in assenza di argomenti più approfonditi e solidi.

Infine, questo processo di gestione deve essere nel solco di una gestione democratica, dato che i regimi autoritari flirtano in un mix di odio e amore con i social, un po’ come fecero i loro predecessori con mass media quali radio e cinema nella prima parte del secolo scorso.

C’È PERÒ UN ALTRO MOTIVO DELLA FORZA (NEGATIVA) DEL SOCIAL: LA MANCATA EDUCAZIONE ALL’USO E AL DISCERNIMENTO

Come mio contributo invece vorrei sottolineare come, secondo me, ci sia un grosso punto che manca sempre in questo dibattito: un corretto uso responsabile e consapevole della rete.

Io credo da sempre che la velocità di diffusione degli strumenti digitali sia andata molto più veloce della loro piena comprensione e, soprattutto, educazione all’uso, e non solo nel caso degli utilizzi aziendali.

In realtà, lo stesso MIUR coordina un programma di educazione civica digitale che ha un suo sito e dei suoi principi (vedi sotto), anche se purtroppo non ne ho sentito così spesso parlare sui media e sugli stessi social.

educazione civica digitale ambiti e principi
Fonte: https://www.generazioniconnesse.it/

Già in varie occasioni passate ho scritto dei rischi che si corrono circa la gestione dell’identità digitale in rete, sostenendo con piacere il Safer Internet Day (a proposito, il prossimo è il 21 febbraio 2021) e sono un fautore dell’uso ragionato e preparato degli strumenti.

Sicuramente i social media funzionano molto bene sul mobile e per il modo di fruizione veloce del contenuto cui ci siamo abituati, dove si vedono molti messaggi brevi e l’approfondimento poi avviene (o dovrebbe avvenire) dopo che qualcosa ha catturato il nostro sguardo.

Ci pensiamo poco, ma si tratta di una visione ancora più sintetizzata di quanto già non fossero i servizi dei telegiornali (che durano poco più di un minuto) rispetto agli articoli sulla carta stampata.

In questa competizione per un’attenzione così limitata l’uso di titoli eclatanti e di concetti semplificati e polarizzati su pro o contro è diventata una pessima abitudine anche dei professionisti dei media, figuriamoci dunque se parliamo dei politici attuali e di vari “influencer” sui diversi argomenti.

In un contesto sociale e formativo (a vari livelli) in cui le persone avessero gli strumenti critici per discernere tuttavia questo effetto sarebbe meno appiattente e credo che molte teorie del complotto avrebbero una vita meno facile nella diffusione.

In un mio breve pezzo del lontano 2007 mi ero augurato letteralmente che “un po’ giornalisti e un po’ informatici con un pizzico di spirito manageriale i nuovi protagonisti della rete, del futuro web 3.0 o come altro si chiamerà, saranno coloro che riusciranno a governare e guidare le migliaia di fonti senza però reprimere la forza creativa di chi le produce. In parte ciò è una rivincita dell’uomo e del suo discernimento, non c’è infatti motore di ricerca semantico che possieda la ricchezza del pensiero umano. Per questo il nuovo professionista del web dovrà conoscere al meglio gli strumenti della ricerca, indispensabili per fare fronte alle quantità, ma poi dovrà sapere distinguere con la propria testa e capire cosa ha davanti”.

Questo augurio in realtà oggi vorrei estenderlo a tutti gli utilizzatori della rete, per far sì che mitigare il potere di influenza dei social media (che intanto diventano spazi di vendita) non debbano essere (solo) le leggi ma anche la capacità di distinguere il vero dal falso.

Andrebbero fatti circolare di più dei contenuti virtuosi, qui per esempio nel canale YouTube del citato programma progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse ho trovato dei video molto carini di cui riporto sotto un esempio che mi sembra molto pertinente.

Bisogna però che l’incentivo alla digitalizzazione non sia solo un bonus per comprare uno Smartphone ma che questo sia accompagnato da una sana formazione alla rete.

Citando di nuovo un me stesso d’epoca (2013), credo che l’educazione civica, democratica e anche comunicativa delle nuove generazioni non può essere lasciata al fai da te davanti ad un mondo globale dove la gestione dell’informazione è la chiave per competere.