Chi è il Marketing Technologist? Come migliorare la Customer Journey? Cosa significa essere una insight-driven company? Sono alcune domande cui ho provato a rispondere nell’intervista che il portale https://hackat.it/ mi ha gentilmente fatto e pubblicato su https://hackat.it/blogpost-martech-zarantonello/

Buon pomeriggio Gianluigi, nel tuo libro Marketing Technologist, Trasformare l’azienda con il cliente al centro parli del ruolo che ricopre questa figura nella trasformazione aziendale. Ci racconti le origini del Marketing Technologist e come sviluppare le giuste competenze?

La prima volta in cui sono apparsi una descrizione chiara e la citazione del titolo di marketing technologist sull’Harvard Business Review risale al 2014, in un articolo dal titolo “The rise of the chief marketing technologist” di Scott Brinker e Laura McLellan.

Da quel momento in poi la tecnologia si è confermata come un elemento fondamentale della customer experience e una componente vitale del lavoro del marketer.

Per questo il “tecnicismo”, spesso snobbato in passato, diventa oggi parte del lavoro di chi è responsabile della customer experience (CX), con un legame molto più marcato con la user experience (UX) che storicamente è invece sempre stato un dominio dello sviluppo e del software design.

immagine tratta da http://chiefmartec.com/

Questo porta all’emergere di un nuovo ruolo ibrido, in risposta alla complessità crescente dei punti di contatto tra clienti e aziende, per gestire una tecnologia (marketing technology, o martech) che è uscita dalla sfera del “dietro le quinte” ed è diventata una vera e propria industria informatica specifica che cresce enormemente nel numero di tipi di soluzioni e nell’ampiezza dell’offerta, richiedendo un presidio permanente.

In un contesto come questo, la tecnologia deve essere punto di arrivo e non di partenza ma allo stesso tempo acquista un peso crescente trasversale, che richiede una governance dei budget e delle scelte tecnologiche coordinate per evitare duplicazioni, dato che oggi l’accesso all’acquisto delle soluzioni as a service è potenzialmente aperto a tutte le aree aziendali.

Per questo il marketing e l’IT hanno ricevuto una forte spinta a trovare nuovi punti di contatto, dato che nessuno dei due nella propria tradizionale accezione è più in grado di coprire a pieno le nuove necessità, in una dinamica che ha un’unica risposta organizzativa: la Martec’s Law dello stesso Scott Brinker dice in tal senso che la tecnologia cambia in modo esponenziale, e quindi estremamente veloce, mentre l’organizzazione cambia in modo logaritmico, molto più lentamente.

La figura del marketing technologist, al di là della sua possibile collocazione organizzativa, quindi deve essere una persona in grado di facilitare e abilitare il raggiungimento della promessa della tecnologia per il marketing di: “realizzare esperienze, valore e utilità contestualmente rilevanti, nel momento più appropriato nel ciclo di vita del cliente, attraverso il punto di contatto preferito” (Forrester Research). Una promessa impossibile da realizzare senza tecnologia e altrettanto impossibile da raggiungere solo con la tecnologia.

In termini di percorso professionale, non c’è ad oggi un vero iter standard: di certo, se si è fatto un buon lavoro nel digital marketing un simile background può essere molto utile perché tende a portare con sé una sana consapevolezza delle dinamiche che si sono sviluppate in questi ultimi anni. Naturalmente, ci può essere un martech che viene dalla consulenza, uno che proviene da un ambito più tecnologico, come spesso accade con i vendor di software e più raramente con un dipartimento IT interno, e sicuramente si potrebbero elencare tanti altri casi ancora diversi. Ciò che conta in modo determinante sia in termini di esperienza sia di sensibilità è aver sviluppato una visione competente della tecnologia che sia molto legata ai reali processi aziendali da un lato e a un forte orientamento culturale verso il cliente finale dall’altro.

Sappiamo che per stare al passo con i tempi le aziende devono migliorare le proprie Customer Journey. Come definiresti la Customer Journey oggi, e quali approcci possono aiutare i responsabili di marketing a costruirne una di successo?

In un mondo dove il cliente è al centro,occorre seguirlo attraverso la totalità delle sue relazioni con l’azienda, e quindi non solo al momento dell’acquisto e non solo in riferimento alle persone/funzioni aziendali con cui c’è direttamente interazione.

Per questo, tra le varie metodologie da conoscere in modo solido che cito nel libro c’è sicuramente il customer journey mapping, un processo che permette di disegnare davvero come il cliente vive il brand durante tutte le diverse fasi della sua interazione con l’azienda e il suo prodotto o servizio.

Questa metodologia inoltre favorisce l’individuazione di tutte le aree coinvolte, la scelta delle tecnologie più corrette e delle priorità aziendali, mettendo come chiave di lettura l’importanza per il cliente, da incrociare con lo sforzo richiesto all’organizzazione.

L’interdisciplinarietà con il mondo del dato permette alle aziende di raccogliere e lavorare dati per ottenere insight. Ci racconti la tua esperienza e prospettiva a riguardo?

L’azienda che vuole essere competitiva oggi deve andare verso un modello di insight-driven company, in cui non solo c’è sensibilità per il dato ma dove quest’ultimo deve essere anche un motore verso l’azione, sfruttando tutti i tool disponibili oggi per l’engagement.

Il punto chiave è proprio in quella che si definisce l’attivazione del dato, spesso il dato viene raccolto e, nel migliore dei casi anche analizzato, ma non si traduce in azioni, e in particolari in azioni veloci e proattive.

L’execution è una parte fondamentale del successo di una strategia moderna che includa la tecnologia e l’uso intelligente del dato, insieme con il già citato customer journey mapping, ne è un elemento chiave.

C’è molta tecnologia di marketing in questo disegno e questo rende cruciale il ruolo del marketing technologist, che deve essere pienamente padrone di tutti questi concetti per potersi orientare in un contesto di scelte tecnologiche molto vasto, di richieste che arrivano in tempi sempre più brevi e nello stesso tempo della necessità di mantenere una direzione strategica coerente.

Ho dedicato poi molto spazio nel libro a metodologie e tecnologie di collaborazione, che sono davvero importanti, sicuramente nell’ambito dell’uso dei dati e per la martech ma in realtà in tutti gli aspetti della gestione organizzativa moderna.

Per concludere, c’è qualche consiglio che vorresti dare a tutti i futuri talenti del marketing che desiderano ibridare il proprio skillset con la tecnologia?

Sul piano delle skill, la professione del marketing technologist necessariamente sta a cavallo tra due mondi, quello del marketing e quello tecnologico. Le due anime devono convivere in questo profilo e nessuna delle due competenze deve essere eccessivamente prevalente pena la non efficacia di ruolo. Inoltre, troppa polarizzazione rende difficile parlare con una delle due parti  marketing e IT in causa, mentre soprattutto oggi che la situazione organizzativa è in divenire chi fa martech deve essere un “traduttore ed interprete” a suo agio nella comprensione tanto del cliente che della tecnologia.

Molto importanti sono le capacità di comunicazione con persone diverse riuscendo con scioltezza a cambiare registro e terminologie a seconda del tipo di interlocutore, quella che in sociolinguistica si chiama variazione diafasica della lingua e che sarà utilissima nei progetti e nei gruppi di lavoro cross-funzionali.

In combinazione tra le capacità di comunicazione e quelle di analisi dei dati al Marketing Technologist viene chiesto passaggio in più, quello di avere la capacità di comunicare efficacemente il concetto che c’è dietro il numero, che si realizza attraverso la nuova competenza del data storytelling. Raccontare delle valide storie per trasmettere il significato dei dati è molto più memorabile, persuasivo e ingaggiante rispetto ad un’esposizione tradizionale e rende più facile muovere poi le persone all’azione di cambiamento, che è il motivo per cui si usano i dati in un’organizzazione insight driven.

Sempre dato che quello del responsabile della martech è un ruolo trasversale, coinvolto in dei processi che per natura stessa dell’evoluzione del business devono mixare competenze che prima erano divise in dipartimenti diversi.

E’ richiesta dunque un’importante capacità di relazione e di intelligenza organizzativa, volta a non dare l’idea di voler invadere gli ambiti dei colleghi.

Infatti, si tratta di un ambito che favorisce l’avvicinamento di due mondi per molto tempo lontani come il marketing e l’information technology, in cui il rischio è quello di diventare impopolari presso uno di questi due dipartimenti piuttosto che addirittura trovare entrambi che lo vedono come corpo estraneo se viene creata per l’occasione un’entità organizzativa a parte.

Il delicato equilibrio qui si gioca sul fatto che si dovrà dimostrare ogni giorno che i marketing technologist dei facilitatori e non dei guru che vogliono imporre la propria visione, un supporto al dialogo e uno stimolo al miglioramento che rispetta però le competenze degli altri.

E’ altrettanto importante restare agganciati al resto dell’organizzazione: dal momento che la customer experience è frutto di tutti gli ingranaggi dell’impresa, dal primo all’ultimo, è fondamentale che il marketing technologist sia costantemente al corrente delle evoluzioni di tutti i processi, compresi quelli che apparentemente sono lontani dal proprio scopo.

Per questo, deve fare in modo di dialogare quanto più possibile con tutti diversi interlocutori che possono essere fonte di ispirazione e di correzione per il proprio lavoro e aiutarli a leggere la loro quotidianità attraverso le lenti della prospettiva del cliente.

Infine, per quanto possa sembrare scontato va coltivato al meglio anche il project management, che nel caso della martech deve essere sicuramente agile ma al contempo anche adeguato e personalizzato per il contesto rispetto alla teoria canonica, in modo da essere in grado di dialogare con tutto il contesto organizzativo.

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