Mi occupo di strategia e marketing digitale ormai da 12 anni e spesso mi trovo a riflettere sull’evoluzione tumultuosa e complessa del settore avvenuta in questo tutto sommato breve periodo.
Nel dire questo mi riferisco indubbiamente al progresso della tecnologia (social, mobile, di publishing e via elencando) ma ancora di più al modo in cui si stanno modificando ruoli organizzativi e professioni.

12 anni fa quasi nessuna azienda italiana avrebbe pensato di annoverare fra le sue fila un responsabile del marketing digitale, 6 anni fa il dipartimento it non si sarebbe trovato spesso in concorrenza con lui e ancora 3-4 anni fa nessuno avrebbe strutturato dei team (interni o in outsourcing) per il presidio dei social media.
E sono solo alcuni dei possibili esempi.

Il mondo infatti si è profondamente digitalizzato con un processo graduale di cui l’enfasi mediatica degli ultimi anni evidenzia solo la punta dell’icerberg, fatta di social media e telefonini.

Il vero cambio di direzione però sta avvenendo nel modo in cui le persone usano le tecnologie, anche presistenti, e sull’impatto sociale, organizzativo e di competenze che tutto questo comporta.

Come ho già scritto tante volte infatti la differenza fra tangibile e virtuale ormai sta perdendo sempre più di significato, e anche se le persone non ne hanno ancora piena consapevolezza già oggi il passare da un ambiente fisico a uno o più device e viceversa è un processo naturale e senza soluzione di continuità.

Di conseguenza anche la netta separazione di conoscenze fra chi si occupa più prettamente di tecnologia e chi invece in azienda si interessa di marketing, commerciale, strategia etc. sembra un retaggio poco credibile, perché a entrambe le parti sono richieste sempre più ibridazioni.

Se ci mettiamo in questa prospettiva allora diventa davvero chiaro come il mezzo tecnologico scelto sia solo un di cui della strategia che abbiamo in mente e venga scelto come conseguenza e non premessa.
Molti editori ad esempio stanno capendo che il loro business è il contenuto che producono, non la carta che stampano, mentre altri grandi, come Blockbuster, non hanno saputo vedere questo aspetto e per questo hanno patito dei colpi tremendi e spesso mortali.

Ancora, grandissimi player dell’online, come Google, scrivono nei loro report che il grande goal del digitale è l’influenza sui comportamenti e sulle vendite offline, mentre la guerra per lo sviluppo di ecosistemi fatti di hardware, software e app store è il centro della competizione fra Apple, la stessa Google, Amazon, Microsoft e molti altri.

Si potrebbe obiettare che si tratta di pure player tecnologici che si stanno allargando, ma allora che dire di casi come Walmart Lab, in cui Il più grande retailer del mondo sta costruendo un laboratorio su questi temi, o degli investimenti in multichannel retail di altri colossi come Tesco o Mark & Spencer?

Walmart e-Commerce from Davis Elen Advertising on Vimeo.

A mio avviso dunque gli strumenti digitali sono già oggi una leva cruciale per qualsiasi tipo di azienda ma non possono essere più visti come un’entità separata e figure come i chief marketing tecnology officer, in crescita ovunque seppure con job description variegate, potrebbero essere un esempio dei ruoli chiave del futuro, perché non sono al servizio della tecnologia ma del business, che aiutano anche con i nuovi media.

Se l’obiettivo non è chiaro invece non si possono porre le corrette fondamenta e qualsiasi investimento, quale che sia la sua portata, è destinato al fallimento.

Certo che oggi, con la persistente difficoltà di incontro e dialogo fra le diverse figure, tutto sembra lontano.
Ma io lo trovo inevitabile. E voi?