In questi giorni sto leggendo diversi articoli e report sulla digital transformation e l’evoluzione del CMO verso la sua versione “tecnologica”, tutti trend molto interessanti e incoraggiati rispetto alla mia professione.
Il cliente d’altra parte vuole muoversi attraverso i diversi i canali e punti di contatto e diviene alla fine esso stesso un media per le aziende, ponendo al marketing nuove sfide strategiche.
Insomma, tutto bene, viste anche le grandi opportunità di occupazione nel settore del digitale?
In teoria sì. Ma le cose sono più complesse.

Prima di tutto è ancora difficile per la gran parte delle aziende valutare le competenze.
Ormai quello del digitale, come ho scritto ormai tante volte, è un ecosistema complesso da cui emergono qua e là come punte dell’iceberg dei temi come i social media, il mobile (ancora visto soprattutto come app) e pochi altri.
Su tutte queste tematiche si scontrano due atteggiamenti ugualmente pericolosi: da una parte la convinzione che siano strumenti padroneggiabili da chiunque perché li maneggiamo anche per usi privati, dall’altra invece l’affido totale a dei guru più o meno della porta accanto che vengono ascoltati come oracoli ma ai quali manca tutta la parte strategica.
Pochi invece cercano delle risorse adeguate interne, che poi possano interagire con cognizione di causa verso i fornitori e che riescano ad avere quella visione di insieme e quell’equilibrio fra managerialità e tecnicismo che altrove è già molto ricercato.

Un altro aspetto organizzativo forte poi è quello delle sovrapposizioni di ruoli tra IT, marketing e altre aree, visto che questi temi sono estremamente pervasivi e che oggi l’investimento in tecnologia sta diventando sempre meno appannaggio dei dipartimenti informatici che pure però devono essere coinvolti per garantire il giusto equilibrio.
Infine la paura di perdere potere da parte dei ruoli che esistono già è importante e diffusa e per questo molti manager e interi enti aziendali si occupano in modo parziale e spesso rudimentali di pezzi dell’ecosistema digitale, entrando inevitabilmente in collisione fra loro e soprattutto con chi viene incaricato di occuparsene nell’organizzazione.
Oggi dunque, dove anche ci siano dei ruoli di digital marketing o anche di Chief Marketing Technology Officer, è ancora ingente la quantità di energie e tempo spesa in conflitti derivanti da organigrammi mal strutturati e in sovrapposizione.
Si tratta di problematiche comuni anche ad altre nazioni e culture e sono parte di un processo evolutivo, tuttavia io credo che oggi il nostro paese sconti più di altri una cultura manageriale basata sulla difesa del ruolo esistente e sulla paura di turbare gli equilibri complessivi (come in politica) , senza contare l’approccio spesso poco scientifico al marketing e alla comunicazione. Sono troppo drammatico?
Maggio 2, 2013 at 9:07 PM
Anche questa, come le altre tue, è una analisi attenta, precisa, diretta e (ahimè) vera al punto tale da esser tema di quotidiano confronto con nostri omologhi di altri settori…. Tutti, dal primo all’ultimo, dicono la stessa cosa… Ogni grande rivoluzione nasce da piccoli passi quotidiani e da tanto (sempre troppo) sangue sparso… Nel 2013 potremmo pensare ad una guerra fredda fatta di posizioni a scacchiera e definizione di nuovi confini… A volte, si è tentato anche di creare il “giardino delle posizioni inutili ma gratificanti”…il risultato? un nuovo potenziale ostacolo al percorso…altro che parcheggio temporaneo! Ci vuole metodo e impegno, volontà e costanza, coerenza e focalizzazione per fare il Change management… E’ un po’ come in politica… se affidi il compito di innovare ad uno dei membri della commissione che scrisse la Costituzione, come pensi possa organizzare il suo gruppo di lavoro? Mandando a casa i propri compagni di merende per 50 anni o arginando ogni barlume di nuovo? (senza star troppo nel vago cito il recente Bersani/Renzi…sia mai illuminante su come può andare a finire se non si cambia mentalità….). Bravo Gianlu!