Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog della collana di libri “Professioni Digitali” ed è basato sui contenuti del mio libro Marketing Technologist di cui costituisce una integrazione.
Come spero sia chiaro da quanto ho scritto nel mio libro nel momento in cui si definisce di agire in modo deciso sugli esiti della customer journey map questo si traduce in programmi ed azioni che devono essere applicati da tutta l’organizzazione.
E l’organizzazione è fatta di persone, che a loro volta vivono un’esperienza: l’employee experience, che secondo IDC “si riferisce essenzialmente a come i dipendenti si sentono e si impegnano a lavorare con i loro manager, colleghi, clienti e altre parti coinvolte nell’ampio ecosistema di lavoro. Comprende la loro esperienza quotidiana sul posto di lavoro (visione a breve termine) per il loro senso di scopo e valore per la loro organizzazione (visione a lungo termine)”.
Anche in questo caso non parliamo di cose totalmente inedite: molti imprenditori illuminati si sono preoccupati da lungo tempo del benessere dei propri dipendenti con l’idea di renderli più produttivi.
Con il progressivo avvento di una strutturazione metodologica della creazione e misurazione della customer experience come elemento competitivo anche il suo contraltare interno però è diventato qualcosa da disegnare in modo quanto più scientifico e ampio possibile, tanto da meritare un vero e proprio indice che Forrester articola in 75 fattori con i 18 più rilevanti organizzati su tre aspetti: empowerment, inspiration ed enablement.

Perché vi parlo di tutto questo in relazione alle metodologie presentate in un libro sulla marketing technology?
Prima di tutto perché se avete mappato il journey del vostro cliente questo percorso lo porterà inevitabilmente a incrociare la traiettoria di un dipendente e questo momento può essere uno snodo di grande successo o di frustrazione e interruzione del viaggio verso la vostra marca.
In secondo luogo rispetto al tema di questo mio libro è importante considerare che l’EX è fortemente condizionata dalla tecnologia, al punto che Forrester ha concettualizzato anche un “Employee Experience Technology Ecosystem” che va oltre le classiche soluzioni di human capital management (HCM).
Per una persona che disegna tecnologie per il marketing è quindi rilevante capire, e collegare, le tecnologie che rivolgete al cliente con quelle che ha in mano il vostro collega.
Infatti, una cattiva esperienza con la tecnologia da parte del dipendente rappresenta anche un freno al suo sostegno alle vostre attività di customer experience, perché la paura di non sapere usare uno strumento o la sfiducia nella sua affidabilità porterà ad evitare determinate azioni e a spingere a favore di altre.
Ho scritto qualche tempo fa che oggi per avere successo bisogna innamorarsi delle persone e non delle proprie idee e questo mi sembra che sia un esempio lampante che si lega anche ai risultati finali di business.
Ci sono alcuni altri elementi utili da tenere in considerazione, riassunti da Jacob Morgan in un acronimo, ACE.
Fonte: https://computerworld.nl/
La A è legata alla logica di dare accesso quanto più velocemente possibile a tutti i dipendenti rispetto ai diversi strumenti, facendo sicuramente dei piloti ma lasciando aperta la porta all’adesione fin da subito.
La C si lega a uno dei grandi trend degli ultimi anni, la consumerizzazione della tecnologia che ha fatto sì che spesso i dipendenti abbiano strumenti privati più potenti e più qualitativi di quelli forniti dall’azienda.
Inoltre, questo genere di tecnologia ha spinto sempre di più il concetto di strumenti che si usano senza istruzioni e senza specifico addestramento, al punto che la facilità di uso ne determina in larga parte il successo o il fallimento insieme al fatto fondamentale che essi rispondano a un bisogno di chi li usa.
Rispetto infine alla E, come avviene anche per i clienti finali, per portare risultato le tecnologie che i dipendenti hanno in mano devono riuscire a toccare quella zona di relazione che vede la convergenza tra strumenti, bisogni (in questo caso dell’employee) e obiettivi aziendali.
E’ vero anche che tipicamente ci sono varie realtà coinvolte in questo genere di ragionamenti, dall’HR all’IT passando per tutte le strutture di vendita, e potenzialmente il problema può stare in una di queste e non nella specifica tecnologia di marketing e nella sfera di competenze del marketing technologist.
Tuttavia, se nel libro ricordate l’aneddoto del compratore e-commerce di Lampedusa che si rivolge al negozio di Firenze per avere notizie del suo ordine, ai clienti non interessa l’organigramma con cui in azienda sono divisi i compiti anche se questo ha in realtà un peso rilevante nella loro esperienza!
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