Omnicanalità. Assicurare continuità all’esperienza del cliente è un libro di Marco Bettucci, Iolanda D’Amato, Angela Perego e Elisa Pozzoli pubblicato da Egea per la collana SDA nel 2016.
Il volume è dedicato al tema della Omnicanalità, tanto dibattuto ma poco padroneggiato nella realtà dalle aziende, che sta al centro in ogni caso di tutte le prospettive e sfide strategiche del prossimo futuro, come evidenziato nel capitolo uno.
NOVE PILLAR PER DEI PROGETTI COMPLESSI
Una cosa che mi è piaciuta da subito è l’effettiva scomposizione di questa buzzword in dei filoni, i nove pillar, che evidenziano anche la complessità e la multidisciplinarietà di questo genere di progetti.
I pillar sono:
- In-store technologies
- Product mix & pricing policy
- Social customer engagement
- Demand fulfillment & delivery
- Reverse Logistics
- Single Customer View
- Data Analysis
- Organizational Model
- KPI & Incentives
A ciascuno di essi è dedicato un capitolo.
LE VARIABILI CLASSICHE INCONTRANO NUOVI MODELLI
Lo store per chi ha una rete di distribuzione fisica è oggi e resterà ancora per molto il principale canale di vendita, a dispetto di tante profezie fatte in passato.
Questo non vuol dire però che l’apporto del digitale sia minimo o che i canali fatti di muri e mattoni e quelli di bit non si parlino, anzi è proprio questo dialogo seamless che si aspetta il consumatore.
Ecco che quindi il secondo capitolo racconta alcune tecnologie in store, molto promettenti ma per le quali resta a mio avviso ancora difficile trovare il sottile equilibrio tra effetto wow e reale valore aggiunto nel medio-lungo periodo.
Anche i temi di assortimento e prezzo sotto ben lontani dall’essere qualcosa non impattato dalla omnicanalità: la teoria della coda lunga non vale solo per i retailer online e le strategie sono sempre più delicate quando si parla di costo dei prodotti passando da un canale all’altro, con l’aggravante della comparabilità online tra mercati e sbocchi distributivi.
LO SNODO DELLA LOGISTICA
Probabilmente i temi legati alla logistica sono di più immediata percezione di altri quando si parla di omnichannel ma ciò non esaurisce la complessa reta di dipendenze tra i diversi canali.
Sia che si parli di distribuzione sia che ci si debba confrontare con i resi e la loro reverse logistic, le organizzazioni che stanno investendo seriamente su questi aspetti stanno creando un vero ed importante vantaggio competitivo.
Per fare solo un esempio, il reso, tradizionale spauracchio, si può trasformare in enormi opportunità di business sfruttando canali diversi in modo sinergico.
I CLIENTI: DAL SOCIAL ALLA VISIONE A 360 GRADI
I social media, pur tra alti e bassi nell’entusiasmo con cui le aziende li approcciano, sono sicuramente un fattore importante di rapporto con il cliente, in una prospettiva di ingaggio invece che di sola comunicazione push e unidirezionale (quando sono usati bene).
Questo tema, trattato nel capitolo terzo, viene ripreso in modo più ampio (e io forse lo avrei trattato come parte di questo pillar) quando si parla della single customer view o “visione a 360 gradi del cliente”.
Visto che infatti l’omnicanalità presume un approccio seamless a tutti i touchpoint viene logicamente quasi automatico pensare al fatto che il cliente deve essere riconosciuto sempre come preciso individuo e servito come tale in modo coerente.
Facile a dirsi, molto meno a farsi: nelle organizzazioni meno strutturate infatti l’entusiasmo si schianta contro la mancanza di strumenti e di basi di reale conoscenza dei comportamenti, nonostante le promesse dei tanti tool seri e meno seri presenti sul mercato.
La faccenda per contro non è banale nemmeno per chi organizzato lo è, perché tanti anni di studi motivati e precisi su che cosa il cliente compra (l’unica cosa tracciabile fino a qualche tempo fa) ora devono essere messi a fattore comune con i dati su quanto il cliente pensa, su che canali interagisce con noi e molto altro.
I tradizionali e strutturati sistemi di CRM raramente sono pronti a queste integrazioni e non meno difficili sono i cambi di mentalità.
Il problema è che il cliente è ormai già omnicanale e non sono i limiti tecnici ed organizzativi a fare tornare indietro un processo che ormai è attivato e reale.
In aiuto possono correre i dati, cui è dedicato un altro capitolo/pillar, e le nuove figure di data scientist che devono valorizzare sia i “famosi” big data che più in generale tutti i dati (specie quelli smart) che sono presenti in azienda.
IL TEMA ORGANIZZATIVO
Si tratta forse del tema da affrontare per primo in un avvicinamento alla omnicanalità: l’azienda deve agire in modo coordinato e i diversi team che la compongono devono necessariamente uscire dalla logica dei silos che ancora oggi sono il modello prevalente.
Questo significa il pieno coinvolgimento nella visione di insieme da parte di tutti i dipartimenti, siano essi più legati al tema vendite o a carattere più tecnologico.
Senza un pieno coordinamento anche le figure, oggi necessarie, che fanno cultura e innovazione possono ben poco nel medio periodo.
Infine per capire il successo (anche organizzativo) dei progetti bisogna sapere come e cosa misurare, fissando dei KPI che sono oggetto del nono pillar insieme con i meccanismi di incentivazione necessari a rendere tutto concreto e davvero applicato.
In conclusione il libro, grazie anche alla presenza di numerosi esempi pratici, è una lettura interessante per entrare nei diversi temi che compongono il complesso processo che porta all’avvicinamento all’omnichannel.
Rispondi