Ho parlato spesso della crescente fusione fra il mondo fisico e quello digitale, con il concetto di ipertestualità diffusa, ossia la possibilità di creare dei link tra oggetti tangibili, siti e strumenti multimediali.

Realtà aumentata

Tuttavia ho già evidenziato in passato il fatto che ad oggi sembra ancora mancare l’applicazione definitiva che renda davvero universale e diffuso questo mondo di cui si parla da tempo, tra realtà aumentata e Internet delle cose.

In realtà un device chiave esiste già, ed è lo smartphone: sociale, personale, sempre più ricco di funzioni e sempre nelle nostre tasche.
Esistono già anche molte applicazioni che sfruttano alcune caratteristiche vincenti di questi strumenti, come la geolocalizzazione via gps, eppure non si può dire ad oggi che questi fenomeni siano davvero maturi, a causa di limiti di conoscenza degli utenti, di costi di connettività ma soprattutto di scarsa universalità di certi applicativi.

Anche le realtà di successo, come Foursquare, sono infatti ancora piuttosto di nicchia e, come ben rilevato alla recente conferenza dei sindaci di Bologna, si fondano su di una feature (il mezzo, non l’obiettivo), senza avere però un progetto articolato e completo alle spalle.

Ecco che in questo senso allora un progetto come Google+ mi fa pensare invece al concetto di ecosistema, ossia di una serie di strumenti coordinati sotto un’unica logica strategica, uniti da un substrato comune e che si completano a vicenda.
Questo ecosistema poi non deve essere troppo chiuso, perché la storia di tecnologie come, ad esempio il fax, ci ricorda che finché gli utilizzatori di un sistema di comunicazione sono pochi e non c’è indipendenza dal device il mezzo non può decollare.
In altri termini quindi anche un social dominante ma chiuso da password (come Facebook, nonostante i social plugin) o un’app vincente ma proprietaria per un sistema operativo e per un solo device (modello Apple) non può essere la chiave ultima per collegare fisico e digitale.

Nella mia visione dunque, se nella navigazione pura la teoria della morte del web di Chris Anderson è attendibile, probabilmente nell’interazione tra fisico e digitale i muri chiusi scricchiolano e c’è qualche speranza in più che la mia opinione circa il medio termine del mobile sia fondata.

E allora? Nella mia visione il futuro è rappresentato da una tecnologia neutrale rispetto al device, in grado di diventare uno standard e che sia semplicemente il mezzo per accedere ad una miriade di altri servizi utili, senza essere conclusa in se stessa.

Potrebbe essere ad esempio simile alla radiofrequenza con Rfid o Nfc o più semplicemente potrà essere qualcosa che oggi non conosciamo ancora ma che diventerà insieme mezzo di pagamento, veicolo di informazioni e strumento indispensabile per tutta la nostra vita digitale.
Se sapessi poi già che cosa potrebbe essere davvero in dettaglio, beh, ci starei lavorando invece di scrivere questo post! 🙂


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