Uno degli elementi di più grande portata del web 2.0 è sicuramente la straordinaria valorizzazione del singolo individuo che mai prima di queste tecnologie aveva avuto modo di esprimersi così facilmente davanti ad un pubblico globale.
Una possibilità che è anche un’arma a doppio taglio, visto che la visibilità riguarda ugualmente gli aspetti negativi, e che obbliga dunque a gestire con estremo giudizio ciò che condividiamo in rete.
Se tralasciamo una notevole quantità di rumore di fondo data da contenuti di scarso valore e di poca rilevanza però ci accorgiamo di come il web 2.0 sia una straordinaria macchina per fare quello che Sebastiano Zanolli, in “Io, società a responsabilità illimitata”, definisce personal branding.
Possiamo infatti applicare anche a noi stessi le tecniche del mondo dei brand per trasmettere agli altri ciò che siamo e che vogliamo esprimere, senza ovviamente spacciarsi per qualcuno che non siamo.
Grazie a servizi come Netvibes, i social bookmark, Linkedin e con il supporto delle tecnologie di social sharing possiamo informare il mondo delle nostre attività e delle nostre idee con minimo sforzo, creando interessanti connessioni con persone con cui condividiamo qualcosa.
Che cosa occorre dunque per creare una solida identità digitale e 2.0?
Prima di tutto serve coerenza, tutti i messaggi che lanciamo devono essere fra loro non contradditori e non devono contrastare con le nostre azioni nel mondo fisico.
In secondo luogo dobbiamo dotarci di strumenti che permettano di seguirci per chi è interessato a ciò che facciamo e diciamo: un buon feed rss legato ad un blog o ad un profilo pubblico è già una buonissima base di partenza.
Fatto questo dobbiamo farci trovare, non in tutta la rete indiscriminatamente ma negli ambienti che ci interessano: forum, blog, community di settore dove mostrare la nostra competenza (senza voler strafare), non omettendo un piccolo link al nostro profilo professionale più aggiornato.
Infine dobbiamo muoverci ricordandoci uno dei principali principi del networking: agire in modo reciprocamente e bidirezionalmente utile, contribuendo ai progetti di altri senza necessariamente prevedere una contabilizzazione automatica della restituzione del favore.
Il rispetto di queste regole e un buon livello di attivismo potrà portarvi dei risultati difficili da immaginare per chi non abbia già frequentato questo mondo, ciascuno secondo le proprie possibilità.
E’ un’opportunità che sta solo nelle vostre mani, siete pronti a coglierla?
luglio 7, 2009 at 8:08 am
Ottimo post che condivido pienamente.
Tra l’altro la citazione del libro di Sebastiano è molto azzeccata: l’ho letto e trovo che sia molto coerente con quello che scrivi nel post
luglio 7, 2009 at 3:01 PM
Per alcuni autori i contenuti prodotti dal web2.0, il web partecipativio fatto di blog,video-audio-foto sharing,twitter,mashup sono prodotti “non-sense autoreferenziali”, autocitazioni che vanno a gratificare l’Io, egosurfing.
L’io con cui eravamo abituati a lavorare si frammenta, vivendo una molteplicità del sé, delle multipersonalità, delle identità mutevoli. Nella Websfera domina la comunicazione comunque e ovunque, con qualsiasi media: tutto va sperimentato condividendo esperienze ( social networking), relazioni in gruppi reali o virtuali di breve durata, o creati per l’occasione.Si vivono così mutevoli forme di coscienza, il digit-IO proteiforme, flessibile, capace di adattarsi continuamente alle nuove circostanze, trasformandosi in forme di mimetismi buoni per l’occasione.
Alcuni autori evidenziano che il 90% delle comunicazioni web2.0 sono non-sense o autopromozioni ad orizzonti limitati alla propria egosfera.
Non è nuova la critica a una cultura capitalista sempre più individualista, in cui l’estetica, la conoscenza e la verità si muovono al di là della comunità per orientarsi e isolarsi verso l’Io.
La sola autorità ammessa è l’Io, a sua volta mandata in frantumi dalla cultura dell’anonimato online.”Il continuo flusso informativo è un vortice che cattura contenuti rigurgitandoli in laghi artificiali e giganteschi, ma stagnanti e stantii… La cultura della modernità liquida non è più una cultura dell’apprendimento e dell’accumulazione, è invece una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza… (Zygmunt Bauman ).
La soluzione ? per alcuni il web 2.0 potrà funzionare solo reintroducendo elementi dell’ecosistema tradizionale e quindi gli intermediari che diano “autorevolezza” alle informazioni, per altri solo attraverso una presa di coscienza e libertà dalla “tirannia dell’io”, anzi dell’ io-digitale ( digit-io ).
http://mentelab.blogspot.com/search?q=digit-io
luglio 7, 2009 at 3:59 PM
Sante parole Gianluigi, in particolare quando dici “non in tutta la rete indiscriminatamente ma negli ambienti che ci interessano”.
La cosa che mal tollero dei personal brand (italiani, ma anche internazionali) è proprio l’onnipresenza, ma capisco che ci vuole una forte dose di buonsenso nel limitare la propria esposizione. Una qualità non sempre presente.
Un saluto
Enzo