Networking circolare. L’economia circolare delle relazioni di business di Concentrazione è un libro di Alberto Bezzi, uscito nel 2021 per Brandtopia edizioni.
Continua a leggere “Networking circolare. L’economia circolare delle relazioni di business di Concentrazione [Recensione]”Le cose che succedono dentro le aziende sul piano organizzativo quando si toccano gli ambiti che in qualche modo riguardano la trasformazione digitale stanno modificando molti concetti di gerarchia, e proprio sugli equilibri interni e sulle soft skill si gioca davvero molta parte della partita della leadership digitale. Continua a leggere “Le tre soft skill fondamentali per un leader della trasformazione digitale”
In questi giorni è apparsa una notizia interessante, il lancio di Me on the Web, un sistema di monitoraggio della reputazione incluso nell’account personale di Google che ha l’obiettivo di accompagnare anche i meno esperti nella gestione delle proprie informazioni online.
Al di là degli strumenti offerti, e dello scopo di favorire la compilazione e l’utilizzo dei propri profili Google, trovo che la news sia rilevante perché vede uno dei grandi big della rete focalizzarsi sull’identità online in un’ottica di gestione consapevole e, perché no, di personal branding.
Ho parlato spesso in passato del tema della costruzione della propria identità in rete e di quello dell’educazione all’utilizzo consapevole delle proprie informazioni sul web, tema quast’ultimo piuttosto caldo viste le disavventure made in USA del politico David Weiner.
Se da un lato infatti tutto ciò che si posta in rete resta recuperabile nel tempo dall’altra Internet offre oggi una serie di opportunità straordinarie per promuovere se stessi per scopi professionali, politici e personali. Dunque, andando oltre i facili allarmismi, io credo che i vantaggi superino i rischi nel momento stesso in cui si comprenda che la propria privacy finisce dove noi iniziamo a postare (e nessuno ci obbliga a farlo).
Gli elementi per una reale strategia di successo per la nostra presenza in rete dunque sono:
1) Conoscere bene i mezzi e le loro implicazioni: non tutti gli strumenti sono uguali e io, ad esempio, ho diversificato tra sito personale (chi sono e che cosa faccio), questo blog (le mie opinioni sulla rete), Tumblr (i progetti e le mie attività lavorative in modo più puntuale e veloce), Friendfeed e Google Profile (aggregatori) e così via per tutto il resto.
2) Avere un messaggio e una serie di obiettivi chiari e coerenti da trasmettere: se mi voglio accreditare come esperto di un certo settore devo frequentare i canali giusti, avere il network corretto e essere attinente negli argomenti. N.B. non vuol dire non avere vita sociale in rete ma differenziare i canali tra ricreativo, professionale etc.
3) Monitorare quello che si dice di noi: anche se non siamo personaggi famosi non possiamo escludere che qualcuno, anche in buona fede, condivida informazioni su di noi (i classici degli amici che postano su Facebook le immagini della festa dove ci si è molto, o troppo, divertiti).
Tutto questo ovviamente va misurato sulla base dell’importanza professionale e personale che la rete riveste per noi, ma credo che l’attenzione e la consapevolezza riguardino tutti.
Se poi invece ci occupiamo di strategia digitale, beh in tutto questo troviamo un’ottima modalità di allenamento per capire dinamiche come il monitoraggio della reputazione in rete, la distribuzione dei contenuti, il social media marketing e la gestione della multicanalità che ci torneranno molto utili anche per i nostri brand.
Anche perché l’unico modo di affrontare davvero le sfide del digitale è partire dall’esperienza come utenti degli strumenti, visto che lavoriamo con persone e non con segmenti di mercato.
In tempi non sospetti, nel 2002 con Comunitazione.it e nel 2003 con Connecting-Managers.com (entrambi in ottima salute tutt’oggi) avevo scomesso che il social networking professionale e business sarebbe diventato un fenomeno di successo anche in Italia.
Gli ultimi due anni, e il 2009 soprattutto, sembrano darmi ragione: allo storico MilanIn si sono aggiunti diversi ClubIn in giro per l’Italia, grandi associazioni come Ferpi sviluppano un network interno, la piattaforma Ning fornisce il supporto a tante iniziative più o meno grandi.
La tecnologia ormai è davvero accessibile ma ancora di più sembra ormai (finalmente!) chiaro il valore delle relazioni come vantaggio competitivo.
Il futuro del fenomeno merita qualche considerazione:
1) La vitalità è alta, nascono network ogni giorno, il pericolo però è la frammentazione. In Italia le associazioni si scindono continuamente e tutti vogliono essere presidenti, lo stesso sembra accadere per i business network (perfino i gruppi su Linkedin e Facebook sono ridondanti). Troppi piccoli network con pochi iscritti sugli stessi argomenti producono poco contenuto e non riescono a esprimere valore per gli iscritti.
2) E’importante che i network riescano a creare occasioni di incontro personale (fisico) tra gli iscritti, alcuni circuiti hanno capito da tempo e chi non lo fa rischia di rimanere troppo virtuale per avere credibilità.
3) La tendenza del 2010 sarà il rapporto con il territorio, nasceranno sempre più network regionali o ancora più localizzati, una situazione che va benissimo a patto che queste realtà collaborino all’interno di realtà più ampie.
In conclusione dunque sono fiducioso nello sviluppo di un sano e proficuo networking in Italia, grazie anche alla nostra predisposizione ai rapporti umani, l’unico limite alla crescita potrà essere l’eccessivo particolarismo, speriamo che tutti ne siano consapevoli.
Il resto lo farà la selezione naturale…
Articolo pubblicato nell’ottobre 2009
Qualche giorno fa ho parlato di Enterprise 2.0 ed ho citato anche due interessanti post di Leonardo Bellini (li trovate qui e qui) sui 10 principi delle reti sociali ripresi da il Passaparola di Emanuel Rosen.
Dal momento che ho sottolineato che la costruzione dell’enterprise 2.0 parte da un clima organizzativo e culturale ho provato ad applicare alcuni dei 10 principi in questione alla comunicazione interna e mi sembra che vi siano degli spunti interessanti su cui riflettere.
1° : le reti sociali sono invisibili, al di là dei disegni fatti sull’organigramma da sempre si creano delle reti di relazioni e collaborazione tra diverse aree e funzioni, in presenza di un sistema di condivisione fluido e accettato da tutti delle informazioni questa situazione non potrà che essere massimizzata crescendo oltre le previsioni che si possono fare all’inizio.
2° : simile cerca simile (Affinità elettive) e 3° : chi si assomiglia tende a raggrupparsi, il che può creare paradossalmente dei problemi, perché tende a mantere l’informazione all’interno di gruppi di lavoro chiusi. Questo viene evidenziato anche nel 5° principio: le informazioni restano intrappolate nei gruppi. L’abilità di chi governa le informazioni deve essere dunque quella di portare costantemente a contatto gruppi diversi e farli interagire in un ambiente comune.
Al contrario, il fatto che persone che non sono in un rapporto diretto e continuativo (legame forte) entrino in interazione con altre aree e con le loro informazioni esalta la forza dei legami deboli “scoperti” da Mark Granovetter che sono l’oggetto dell’8° principio (i legami deboli sono sorprendentemente forti).
Nel momento in cui il clima organizzativo e gli strumenti tecnologici permettono l’accesso alle informazioni e alle conoscenze da parte di molteplici persone, anche senza un’interazione personale approfondita, saranno proprio i legami deboli a far viaggiare la collaborazione attraverso i diversi gruppi, tramite delle persone che fanno da connettori e nodi di rete (6° principio).
La tecnologia ovviamente potenzia alla grande il potere dei legami deboli (9° principio) mettendo il dubbio il tradizionale limite posto dal numero di Dunbar e permettendo anche in grandi organizzazioni l’interazione e la condivisione fra centinaia di persone.
E dunque che cosa ci dice questa breve carrellata di principi applicati alle organizzazioni?
1) Le informazioni devono essere accessibili anche al di fuori dei propri gruppi abituali di lavoro disegnati sull’organigramma.
2) Per fare questo ci deve essere un clima organizzativo e delle policy che incentivino le persone a non tenere per sè le informazioni e ad essere proattive nell’utilizzo di quelle rese disponibili da altri.
3) Nel momento in cui le persone sono aperte a questo approccio è necessario dare loro degli strumenti tecnologici semplici e potenti per parlarsi e per mettere in circolo l’informazione.
La vostra esperienza lavorativa è così o c’è ancora da lavorare?
Uno degli elementi di più grande portata del web 2.0 è sicuramente la straordinaria valorizzazione del singolo individuo che mai prima di queste tecnologie aveva avuto modo di esprimersi così facilmente davanti ad un pubblico globale.
Una possibilità che è anche un’arma a doppio taglio, visto che la visibilità riguarda ugualmente gli aspetti negativi, e che obbliga dunque a gestire con estremo giudizio ciò che condividiamo in rete.
Se tralasciamo una notevole quantità di rumore di fondo data da contenuti di scarso valore e di poca rilevanza però ci accorgiamo di come il web 2.0 sia una straordinaria macchina per fare quello che Sebastiano Zanolli, in “Io, società a responsabilità illimitata”, definisce personal branding.
Possiamo infatti applicare anche a noi stessi le tecniche del mondo dei brand per trasmettere agli altri ciò che siamo e che vogliamo esprimere, senza ovviamente spacciarsi per qualcuno che non siamo.
Grazie a servizi come Netvibes, i social bookmark, Linkedin e con il supporto delle tecnologie di social sharing possiamo informare il mondo delle nostre attività e delle nostre idee con minimo sforzo, creando interessanti connessioni con persone con cui condividiamo qualcosa.
Che cosa occorre dunque per creare una solida identità digitale e 2.0?
Prima di tutto serve coerenza, tutti i messaggi che lanciamo devono essere fra loro non contradditori e non devono contrastare con le nostre azioni nel mondo fisico.
In secondo luogo dobbiamo dotarci di strumenti che permettano di seguirci per chi è interessato a ciò che facciamo e diciamo: un buon feed rss legato ad un blog o ad un profilo pubblico è già una buonissima base di partenza.
Fatto questo dobbiamo farci trovare, non in tutta la rete indiscriminatamente ma negli ambienti che ci interessano: forum, blog, community di settore dove mostrare la nostra competenza (senza voler strafare), non omettendo un piccolo link al nostro profilo professionale più aggiornato.
Infine dobbiamo muoverci ricordandoci uno dei principali principi del networking: agire in modo reciprocamente e bidirezionalmente utile, contribuendo ai progetti di altri senza necessariamente prevedere una contabilizzazione automatica della restituzione del favore.
Il rispetto di queste regole e un buon livello di attivismo potrà portarvi dei risultati difficili da immaginare per chi non abbia già frequentato questo mondo, ciascuno secondo le proprie possibilità.
E’ un’opportunità che sta solo nelle vostre mani, siete pronti a coglierla?
La popolarità dei social network ormai non è più in discussione, nemmeno in Italia dove il fenomeno Facebook ha ridotto il gap con gli altri paesi.
Quello che invece sta emergendo con forza è il successo di questi siti in versione mobile: secondo le stime di una ricerca di Informa per Buongiorno in Europa si passerà dai 26,7 milioni di utilizzatori nel 2008 ai 45,2 milioni nel 2009, per arrivare a circa 134 milioni di utenti nel 2012.
In altri termini, considerando il numero di coloro che possiedono un cellulare, uno su cinque utilizzerà sul device un social network.
Un’altra ricerca di ComScore parla di una crescita nel 2008 del 152% medio in Europa occidentale, con un tasso di penetrazione sugli utenti complessivi di telefonia del 5,4%.
Perché tanto successo?
Il mobile web sicuramente ha dei vantaggi:
- Disponibilità (in qualsiasi posto e in qualsiasi momento)
- Posizione specifica (mi trovo in un luogo sempre diverso e localizzabile)
- Consente di impegnarsi in attività interstiziali (si usa in momenti in cui non penseresti mai di aprire il pc).
I social network infine sono un modo di sviluppare e governare relazioni e rappresentano un’estensione della nostra personalità, proprio come i cellulari.
Ecco dunque perché questi siti sono ideali per il mobile web: esprimono noi stessi e ci consentono di mantenere relazioni ovunque noi siamo, anche nei ritagli di tempo.
Certo in questa evoluzione ci sono ancora degli ostacoli, come i pericoli per la privacy legati alla localizzazione del device, le piattaforme proprietarie e le tariffe di navigazione alte, tuttavia i social network sembrano sicuramente destinati ad alimentare la diffusione della navigazione in mobilità.
Voi che ne pensate?
Vi segnalo un interessante evento promosso da Nord Est Creativo che sarà ospitato dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche presso gli spazi del palazzo Bomben in Via Cornarotta 7-9 a Treviso il 19 febbraio.
PROGRAMMA
ore 18.00
Apertura dei lavori e relazione:
“Il social e business networking in Veneto”
Maurizio Salamone – Responsabile marketing e vendite per Metagenics e fondatore di Nord Est Creativo
ore 18.15
“Social networking a servizio dell’innovazione”
Silvia Toffolon – Project Manager presso laFornace dell’Innovazione di Asolo”
ore 18.30
“Social networking ed enterprise 2.0: Il caso del mobilificio Lago”
Nicola Zago – Web Marketing Manager presso il Mobilificio Lago
ore 18.45
“Networking e orientamento dei consumi”
Enrico Marchetto – Docente di sociologia dei consumi presso lo Iulm di Milano, project manager (noiza.com) e consulente per la ricerca online (swg.it)
ore 19.00
“Networking e tutela dei dati personali”
Massimo Melica – Melica Scandelin & Partners, Fondatore di “Innovatori”
ore 19.15
“Il Web come Social Network definitivo: spunti sul futuro tra microblogging e Web semantico”
Matteo Brunati – Coordinatore del progetto Metafora AD Network per Apogeo
ore 19.30
“Il networking approda nell’universo dei dispositivi mobili”
Gianluigi Zarantonello – Web specialist ed esperto di communities e networking
ore 19.45
“Networking e letteratura: un’occasione mancata?”
Mauro Gasparini -Scrittore e co-autore del blog satirico “Spinoza”
Ore 20.00 Chiusura dei lavori congressuali
La serata continua in una seconda parte “SOCIAL”.
E necessario confermare la propria partecipazione presso la segreteria organizzativa:
Codice a Curve cell. 335.1248514, info@codiceacurve.it
specificando se si intende partecipare solo alla conferenza o a tutto l’evento.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI: http://nordestcreativo.blogspot.com/
Ho visto con piacere nei giorni scorsi in televisione e sul web la campagna sociale “Posta con la testa” che invita i giovani, e non solo, ad usare prudenza nel caricare materiali personali in rete.
Sento spesso parlare infatti dei rischi per la privacy insiti nei social network ed in generale sugli strumenti del web 2.0, preoccupazione certamente non priva di ragioni che però nasce da un problema di fondo: la mancanza di cultura e consapevolezza del mezzo.
Infatti ritengo vi sia una reale assenza di percezione di ciò che avviene davvero quando, ad esempio, si posta una foto in rete: di fatto la nostra immagine diventa disponibile al mondo intero su di una macchina server da cui può essere scaricata in un istante e ricopiata in infiniti altri luoghi, senza possibilità reale di bloccarne la diffusione.
Nulla di male se ci sta bene così, un po’ meno se invece si trattava di qualcosa di riservato.
Lo stesso vale, potenziato, per i profili dei social network: scrivere delle sbornie o delle avventure di una sera in un posto potenzialmente accessibile a tutti non sembrerebbe una buona idea offline, mentre sul web lo si fa con assoluta disinvoltura.
Con ciò non voglio difendere a tutti i costi i social network: la possibilità, ad esempio, di postare foto o commenti sui profili altrui sicuramente è qualcosa che lede il diritto alla privacy di ciascuno.
Anche sotto questo punto di vista tuttavia, escludendo i casi di malafede, ancora una volta torniamo al problema della mancanza di cultura: non vorremmo mai così male ad un amico da dire che tradisce la moglie davanti all’interessata, eppure lo facciamo sul suo profilo (pubblico) di Facebook.
Ancora, sempre restando su Facebook, quante persone che conoscete non hanno chiara la differenza fra messaggio (privato) e bacheca (pubblica) nello scrivervi qualcosa?
Ecco dunque che si pone il problema della consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, cui si aggiunge la mancata comprensione di un fattore chiave: nel nuovo web ci si mette la faccia.
E’ finito infatti il tempo dell’anonimato assoluto dietro un nickname, ora quando siamo in rete facciamo, come ho scritto recentemente, del personal branding, ossia presentiamo noi stessi al mondo.
Sono certo che la pensiamo così saremo più attenti nei comportamenti e, magari daremo una mano anche ai più giovani a capire meglio come vanno davvero le cose (con un po’ di buon esempio).
Mi piacerebbe, al solito, conoscere la vostra opinione.