Condivido oggi questa infografica di IDC Research legata al futuro del modo di lavorare, che credo che ormai sia un tema ineludibile per qualsiasi tipologia di azienda e si lega in maniera fortissima a tutto il tema dell’esperienza del dipendente (employee experience).
Secondo IDC, l’employee experience essentially refers to how employees feel and engage at work with their managers, colleagues, customers, and other parties involved in the broad ecosystem of work. It encompasses their daily experience in the workplace (short-term view) to their sense of purpose and value to their organization (long-term view).”.


Non parliamo di cose totalmente inedite: molti imprenditori illuminati si sono preoccupati da lungo tempo del benessere dei propri dipendenti con l’idea di renderli più produttivi, tuttavia l’idea che i dipendenti felici siano un fattore di successo e soddisfazione dei clienti è un argomento che dopo anni di trattazione si sta iniziando a quantificare realmente in termini commerciali.

In uno studio pluriennale con 300.000 dataset, pubblicato nel 2013, il dottor Tae-Youn Park e il dottor Jason D. Shaw hanno dimostrato che un aumento del turnover dei dipendenti dal 12% al 22% riduce la produttività totale della forza lavoro del 40% e la struttura finanziaria dell’organizzazione in termini di performance del 26%. Un altro studio correlato ha mostrato che le aziende con dipendenti più felici godono di una soddisfazione dei clienti superiore dell’81% e un valore del turnover dei dipendenti inferiore del 50%.

Ancora, il dottor Mihaly Csikszentmihalyi ha studiato il flusso cognitivo per quattro decenni e l’intuizione chiave del suo lavoro, rispetto a questo tema, è che ciò che distingue i professionisti ad alto rendimento dalla media è la loro capacità di focalizzare la loro attenzione e rimanere in uno stato di flusso nel loro lavoro. Quando possono farlo, saranno almeno il 127% più produttivi dei loro pari.
In modo simmetrico anche Gartner rileva che “a majority of employees frequently encounter unnecessary and time-consuming tasks that often prevent them from meeting customers’ needs” e che questo sforzo inutile deriva da “redundancy, inefficiency, frustration, and stress caused by the day to day and cumulative interactions with customers, managers, teams, processes, policies, and the work environment”.

In Italia i dati non sono discordanti: secondo l’Osservatorio HR innovation Practice del Politecnico di Milano nelle imprese “agili“, ben l’85% dei dipendenti si dichiara motivato e coinvolto, quasi il triplo di quanto avviene in quelle tradizionali (31%). Le Direzioni HR sono consapevoli di questa urgenza e la principale sfida per il 2019 è proprio il cambiamento nei modelli di organizzazione del lavoro (45%), seguito dallo sviluppo di cultura e competenze digitali (43%) e da employer branding e attrazione dei talenti (41%).

Infine, sempre su dati del Politecnico, gli Smart Worker sono più̀ soddisfatti dell’organizzazione del lavoro rispetto alla media degli altri lavoratori (39%, contro il 18%) e del rapporto con i colleghi (40% contro il 23%). Lo Smart Working aumenta del 15% la produttività per lavoratore e riduce del 20% il tasso di assenteismo.

Un’ultima nota sull’intelligenza artificiale, altro elemento potente e controverso, ricordo una copertina del 2019 dell’Harvard Business Review, dal titolo “The Ai-Powered Organization”, che mostrava un piccolo robot che si affaccia da una porta e un sottotitolo che suonava all’incirca “Artificial Intelligence, il problema non è la tecnologia. È la cultura”. Quindi l’equazione è vincente è Right Tech + Right Culture.

C’è molto su cui lavorare. Qual è la vostra esperienza quotidiana?