E’ innegabile che ormai nell’immaginario collettivo i siti e gli strumenti del web 2.0 sono diventati dei media a tutti gli effetti e per tale ragione sono sempre più corteggiati dai marketing manager.
I dati che vengono dalle ricerche che riguardano gli USA sono significativi: secondo l’indagine “Social Media: Embracing the Opportunities, Averting the Risks” (di Russell Herder e Ethos Business Law, sondaggio realizzato a luglio di quest’anno) 8 su 10 degli uomini di marketing attribuiscono ai social network un ruolo importante per il potenziamento del brand, oltre che per il recruiting e il customer care.
Anche gli investimenti in advertising si muovono di conseguenza e, secondo uno studio di comScore, i siti di social media hanno rappresentato il 21,1% della distribuzione di inserzioni nel web Usa a luglio (anche se la raccolta è molto concentrata su MySpace e Facebook, con oltre l’80% del mercato).
D’altronde l’ultima indagine semestrale Nielsen (oltre 25.000 consumatori di 50 Paesi del mondo), evidenzia che il 90% dei consumatori internet si fida dei consigli di persone che conoscono e il 70% crede alle opinioni dei consumatori pubblicate online.
Tutto bene dunque? Sì ma con dei distinguo.
Il primo aspetto riguarda l’effettiva fiducia che i consumatori hanno nei brand attivi nei social media: nello studio “Women & Brands Online: ‘The Digital Disconnect” il 52% delle 1.000 donne intervistate diventa amica o almeno fan di un brand nei social network, l’83% comunque si sente “neutrale” o “negativa” al rispetto al marchio. Il 75% poi dice di non essere influenzata da canali di social networking per l’acquisto di prodotti e servizi.
Inoltre io sono sempre scettico nella pubblicità in quanto tale sui social media, alla quale preferisco un linguaggio e degli strumenti più di stampo dialogico.
Infine non dimentichiamo che gli iscritti ai social media non sono registrati al nostro sito e non diventano lead per il nostro database, per cui di fatto contribuiamo alla crescita altrui.
Dal mio punto di vista dunque i social media sono un’estensione importante del brand e permettono di contattare nuovi prospect per iniziare un dialogo con loro ma alla fine devono riportare sulle pagine di proprietà dell’azienda.
Non ha senso creare infatti un social network proprio o un nuovo Twitter brandizzato se si può sfruttare l’enorme bacino di questi siti ma le rendini le si deve tenere in azienda con una corretta impostazione strategica e servendosi dei social media (non servendo loro).
E voi che ne dite?
settembre 21, 2009 at 7:49 am
La pubblicità sui social media oltre ad essere brutta è un vero fallimento (ma questi dovranno pur monetizzare). L’attività di relazione, sia per capire cosa vuole veramente la gente che per rafforzare la propria awareness è sempre la cosa più consigliata. Caro Gianluigi, solo negli ultimi mesi qualcosa si sta muovendo seguendo le linee guida delle nostre prediche online. Ma c’è ancora da lavorare perché ora si rischia un overload informativo che può portare all’indifferenza degli utenti.
settembre 21, 2009 at 11:10 am
Ciao Gianluigi,
condivido tutto quanto hai scritto. aggiungo solo che nella nostra esperienza in realtà quando un Brand si apre al mondo dei Social network è molto difficile puntare solo sul puro passaparola, soprattutto se vuole risultati sul breve-medio periodo.
Quindi, oltre che ad un’azione di relazione con gli opinion leader attivi su un dato tema, in agenzia utilizziamo, ad esempio, gli annunci a pagamento di facebook, MA con un copy e un contenuto mirato e coerente e non smaccatamente markettari (scusa il tecnicismo).
I numeri generati ci hanno dimostrato che se il tono di voce e il contenuto è coerente con l’ecosistema 2.0, anche la pubblicità sui Social Network può risultare efficace ed efficiente (con spese relativamente basse si ottengono buoni risultati).
In ogni caso sono d’accordo che la pubblicità fine a se stessa NON è lo strumento giusto nel mondo dei Social Network, ma solo come strumento accessorio a progetti di relazione e condivisione nati per il web 2.0, ad esempio segnalando l’apertura di un canale di relazione diretta fra un brand e i suoi fan, o realizzo un evento, ho un piano di produzione di contenuti editoriali interessanti, etc
Non sono d’accordo sul fatto che sia per forza necessario creare un db di contatti esterno ai Social network. Come gestisci questi contatti? Uscendo dal mondo in cui la relazione si è creata, ogni mia comunicazione potrebbe incorrere nel pericolo di essere percepita come “spam” (“ma come ci siamo conosciuti su facebook e adesso mi riempi il cellulare di sms?”).
L’importante è il risultato finale. Se organizzo un evento, promuovo un prodotto quanta gente riesco a coinvolgere grazie ai social network? Di più, se ho bisogno di idee, di condividere un problema con i miei consumatori, e chiedo loro uno sforzo nell’aiutarmi, è più coerente che sia io ad adeguarmi al mezzo di comunicazione che loro hanno scelto.
Avere un db proprietario con i dati di contatto è abbastanza ininfluente, a mio parere, a meno che non ci sia una ragione specifica, un servizio a valore aggiunto che posso erogare solo uscendo dal mondo in cui è nata la relazione.
Ciao,
G
settembre 22, 2009 at 10:40 PM
Interessante articolo, concordo personalmente su diversi punti.
Io metterei il fuoco sull’aspetto costi: il social media costa molto meno di molte campagne seo e sem che vengono proposte da aziende che con i loro costi sono ormai fuori mercato, ma se ben fatto fa ottenere risultati paralleli, in parte analoghi e soprattutto + continui nel tempo.
E’ possibile che una fetta sempre maggiore della spesa seo/sem delle aziende possa perciò essere sostituita da una spesa diversa e più mirata e intelligente.
Google contro Facebook e fratelli? Non lo vedo anacronistico, e alla lunga, chissà di chi sarà la vittoria.
ottobre 14, 2009 at 1:56 PM
Bell’articolo! Sono assolutamente d’accordo con il tuo punto di vista. Anche i manager si sono fatti questa domanda e hanno aperto un dibattito su crisiesviluppo.manageritalia.it
Abbiamo intervistato il giornalista e blogger Luca Conti, che ha scritto il libro Fare business su Facebook. Dai un’occhiata alle sue risposte su questo tema.