Omnichannel Customer Experience (OCX), è ancora solo una moda o qualche cosa si muove davvero?
A leggere i dati dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano, riassunti nell’infografica che trovate di seguito, ci sono diverse luci e ombre, almeno nel contesto italiano.
Il libro sviscera il nuovo filone dell’advertising “nativo”, ossia, citando dal secondo capitolo, la forma di pubblicità che “fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca semplicemente come parte di essa”.Continua a leggere “NATIVE ADVERTISING – LA NUOVA PUBBLICITA’ amplificare e monetizzare i contenuti online”→
Questo pezzo è originariamente apparso su http://www.techeconomy.it/ con cui collaboro editorialmente sui temi della digital transformation e della corretta visione dei fenomeni organizzativi ed economici creati della digitalizzazione.
In principio era il sito web. Asset più o meno importante che viveva di sua vita propria, di solito all’interno di un dipartimento di marketing, con qualcuno di più o meno dedicato a seguirlo e con nulle integrazioni tecnologiche con l’area IT. Di fatto un simpatico giocattolo di cui non si poteva fare a meno ma che mai poteva spostare gli equilibri e i risultati più importanti.
Questo 10 anni fa era la norma e oggi a livello di strutture ufficiali di alcune aziende lo è ancora mentre in altre è diventato terreno di conquista e quindi scontro tra le persone.
E tutto questo accade nonostante i fatti abbiano portato altrove, loro malgrado, tutte le organizzazioni.
Complice il cattivo tempo, ho seguito nel weekend la polemica che si è generata a partire da un video motivazionale che ha diviso le schiere dei commentatori su Facebook e su Linkedin, non senza creare secondo me spunti interessanti come questo o questo oppure questo.
Sgombero subito il campo: come scrivevo in uno dei miei commenti a questo dibattito non ho mai avuto eccessiva simpatia per chi si pone come guru di un tema, sia esso il webmarketing o la PNL, con la proposizione che può cambiarti la vita in 10 minuti. Allo stesso tempo però, come notavano ben prima di me altre persone durante il weekend, rispetto coloro che fanno professionalmente questo genere di contenuti in quanto non lasciano nulla al caso e, partendo da reali competenze, creano poi un prodotto concentrato e adatto ad essere venduto e monetizzato. Chi non lo capisce ovviamente si scaglia contro questa semplificazione e limita tutto alla polemica, senza vedere il modello di business che c’è dietro, al di là che piaccia o meno.
Questa volta inizio la settimana con un’infografica che riguarda il team del social media, ma che mi serve anche per evidenziare altri concetti organizzativi e strategici sul digital marketing.
Leggete intanto qui sotto che cosa si dice su numero di persone e organizzazione del team per i social.
Noi italiani siamo un popolo che vive per sua fortuna da sempre immerso nel bello, grazie al nostro straordinario patrimonio artistico e al gusto e alla capacità di lavorare sull’estetica di eccellenza che il mondo ci riconosce.
Inoltre i millennials, nel mondo intero, sono sempre più stimolati dall’elemento visivo a discapito in parte del testo e di contenuti meno velocemente fruibili (passatemi la generalizzazione, perché non è sempre vero, e non per tutti).
Se vi occupate di marketing, e ormai spero che l’aggettivo “digitale” sia sottointeso alla professione, questa infografica non dovrebbe sorprendervi più di tanto.
Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma: sì perché i mezzi si evolvono, si mischiano e diventano sempre più intersecati fra loro e la mail non fa differenza.
È infatti uno strumento tutt’altro che morto e che nel mondo genera su mobile ben più revenue di altri strumenti magari più accattivanti, come i social, pur non essendo sempre adeguatamente gestito anche se fa parte del kit del webmarketing da lungo tempo.
Il tema, così come quello collegato della marketing automation, merita sicuramente maggiore spazio in dei prossimi post ma prima dell’estate mi piaceva ribadire che forse prima di avventurarsi in tante innovazioni conviene probabilmente guardare bene agli strumenti che già possediamo per affinarli e integrarli fra loropartendo dagli analytics.
In questo momento per fortuna la tecnologia è diventata anche di moda nel marketing ma molti ci arrivano ora saltando a piè pari tutta una serie di passaggi che sono ovvi per coloro che invece se ne occupano da più tempo, la consumerizzazione degli strumenti ha illusoriamente reso più semplice qualcosa che invece diventa ogni giorno più complesso.
Che cosa ne dite? Qual è la vostra esperienza con le email e la loro integrazione con il resto del business?
Il 15 aprile ho avuto il piacere di essere ospite del Forum della Comunicazione Italiana in un panel molto interessante, moderato da Alessio Jacona, in cui oltre a me erano presenti:
Nicola Bugini, Senior Consultant Adobe Systems Italia Alessandro Colafranceschi, Global Head of Online & Mobile Banking UniCredit Gabriele Gianello, Head of Digital Innovation – Direzione ICT Valentino Fashion Group Vlad Mihalca, Head of VAS PosteMobile (Gruppo Poste Italiane) Pepe Moder, Director of Global Digital Marketing Media – Car Pirelli Tyre Davide Surace, Digital Director Effe 2005, Gruppo Feltrinelli Librerie Feltrinelli
Si parlava di portare le aziende italiane nella digital economy, tema vastissimo che però è stato affrontato come una chiacchierata molto concreta che alla fine mi ha confermato che diversi punti sono in comune a tutti i settori.
2) le grandi sfide interne sono culturali prima che tecnologiche, il protagonista è il cliente ed è lui che detta l’agenda, l’azienda deve andargli incontro, stimolarlo ma non può imporre le proprie scelte in modo secco e unilaterale. E bisogna fare evangelizzazione nell’organizzazione perché il digitale da solo non basta a cambiare.
3) la misurazione è un fattore cruciale, e non si può più basare una campagna o una attività solo sul concetto che sia “bella”: deve anche funzionare. Inoltre poter misurare vuol dire sapere intervenire subito sulle criticità, visto che spostare un bottone in una app o in un sito può segnare una differenza clamorosa di risultato lato cliente.
4) non c’è una strada tracciata, bisogna sperimentare e avere coraggio di spingersi in terreni nuovi. È la parte affascinante e difficile del lavoro di chi si muove negli spazi dell’innovazione che passa attraverso questi nuovi strumenti.
Come si è ricordato nel talk show “la potenza è nulla senza controllo”, e quindi la competenza e il cambio culturale sono alla base del successo, perché la “rivoluzione digitale” è già avvenuta.
Vi lascio con un video che Nicola Bugini di Adobe ha mostrato per illustrare egregiamente che cosa succede se ciò non avviene e il controllo manca! Buona visione!
Eccoci qui, la pausa estiva è finita da tempo ormai ma come sempre il lavoro è ripartito a grande velocità e ha assorbito tutto il tempo, non senza darmi però occasioni di raccogliere spunti, come per questo post.
Si tratta come sempre di cultura e organizzazione.
Ho l’impressione infatti che ancora oggi in Italia le persone che si occupano di marketing temano in qualche modo la tecnologia, nel senso che non vogliono entrarci in dettaglio pensando di non capirla e che sia “roba da informatici”.
Non parlo in questo solo di un’eventuale vecchia guardia (l’intelligenza per altro non ha età) ma anche delle nuove leve.
Nel resto del mondo si va affermando invece una figura di chief marketing technologist che ha ancora contorni un po’ sfumati ma i cui numeri sembrano essere di tutto rispetto.