Gli annunci sull’intelligenza artificiale generativa si susseguono con un ritmo vorticoso e con novità sempre più evolute che creano una copertura mediatica enorme, al punto che, come si dice molto chiaramente in questo podcast di Gartner, si finisce ormai per identificare erroneamente questo tipo di soluzioni con l’AI nella sua interezza.

Abbiamo detto tante volte che la tecnologia corre più veloce della sua piena comprensione e anche della capacità delle organizzazioni di adattarsi ad essa.

Che segnali possiamo leggere però in questi ultimi mesi, nascosti tra le pieghe dei messaggi che ci bombardano?

LA AI GENERATIVA È IL NUOVO SUPERPOTERE DELLE TECNOLOGIE CHE ESISTONO GIÀ

Ho scritto ormai un po’ di tempo fa che la AI generativa non deve essere vista come una tecnologia che vive da sola, dato che una app standalone che fa una singola cosa è sicuramente utile ma non ha ancora quel senso intrinseco per i clienti tale da diventare un’abitudine quotidiana (e anche i dati più recenti lo confermano, vedi il grafico sotto).

Siamo solo all’inizio, è vero, ma indicavo già in quel post che la strada giusta, secondo me e non solo, è quella che unisce i puntini e usa la Ai generativa dentro altri prodotti, cosa certo non nuova per la AI più in generale, offrendo grandi grandi benefici sulla produttività.

Ebbene, finalmente sembra che questo tipo di concetto sia diventato più maturo e lo stiamo vedendo in tanti casi.

Che cosa ci dice, ad esempio, il lancio del nuovo smartphone Samsung Galaxy S24 con “l’intelligenza artificiale generativa incorporata”?

Prima di tutto direi che ci conferma come l’Artificial Intelligence ormai sia diventata un concetto di marketing, grazie all’hype che ha reso un elemento tecnologico precedentemente presente dietro le quinte in qualcosa di noto al grande pubblico, Italia inclusa.

Fino a poco tempo, infatti, si sarebbero evidenziate le funzionalità, che trovate raccontate bene in questa sintesi dell’evento, mentre ora sono sotto i riflettori le esperienze che sono potenziate dalla AI generativa, non l’hardware o altri concetti tipici delle presentazione degli smartphone.

Inoltre, la presenza di AI sui telefoni non è di certo cosa di oggi e molte delle feature più interessanti erano in qualche modo già possibili da più o meno tempo attraverso diverse app presenti sui nostri smartphone.

Tutto e solo marketing quindi? Non proprio. In questo caso le caratteristiche più interessanti non sono figlie di app separate ma sono di fatto parte del telefono in modo organico, per creare un’esperienza fluida. Quindi, come dice anche Forrester qui, questo telefono può essere un primo esempio concreto di quello che vedremo sempre più in futuro, la #AI davvero integrata nello strumento hardware che già usiamo tutti i giorni, mentre i vari Rabbit R1 o Pin di Humane sono una declinazione dello stesso tema ma con un device in più, che difficilmente può sostituire un telefono.

Un altro esempio interessante è la risposta al quesito “dove vedremo per la prima volta all’opera Sora, il modello di generazione video di Open Ai”? Potrebbe essere dentro Adobe!

Ne parla in questo video Raffaele Gaito commentando l’annuncio di Adobe che parla dell’inserimento del suo Firefly all’interno del programma di montaggio Premiere, che si accompagna alla possibilità di usare anche altri modelli in alternativa, come Prima, Runway e, appunto, Sora.

I leader del software oggi devono costruire degli ecosistemi che li rendano sempre rilevanti e non competere solo frontalmente con qualsiasi nuovo incubent (senza al contempo non guardarlo con abbastanza attenzione). Come si dice bene nel video, Adobe gestisce con accuratezza professionale i temi dell’autore del video e altre questioni legate all’industria dei content creator. Sono cose su cui Sora potrebbe avere problemi nella versione stand alone e in questo senso passare da Adobe potrebbe essere una buona idea.

Infine, anche Apple è entrata nell’arena della AI generativa, e nell’ultima conferenza WWDC è stata annunciata Apple Intelligence, che introduce un ampio numero di feature nei device della Mela, che sono raccontate in dettaglio nella press release (oltre che nei blog di tutto il mondo).

Tra gli elementi che saltano all’occhio, direi che c’è appunto l’approccio di inserire in modo seamless le varie funzionalità all’interno di app e sistema operativo, c’è anche chi ha detto per questo che in effetti non si è visto niente di clamorosamente nuovo (ed è vero) ma come anticipava Forrester prima dell’evento, Apple ha dalla sua una grande forza nel design dell’esperienza, un approccio che attende il momento giusto senza anticipare i tempi e, almeno finora, un forte trust sul tema privacy e sicurezza, dato che è l’unica big tech che non monetizza in modo aggressivo i dati dei suoi utenti.

Su questo punto della privacy & security Apple si spende molto nella press release: “L’elemento fondante di Apple Intelligence è l’elaborazione on-device, molti dei modelli su cui si basa vengono eseguiti esclusivamente sul dispositivo. Quando le richieste sono più complesse e serve una maggiore potenza di elaborazione, Private Cloud Compute permette di elaborarle su cloud con lo stesso livello di sicurezza e protezione dei dispositivi Apple, così da offrire informazioni ancora più pertinenti […] Questi modelli vengono eseguiti su server con chip Apple, fornendo una base che consente ad Apple di garantire che i dati non verranno conservati o esposti”.

Una visione decisamente più ponderata rispetto alle soluzioni Ai della prima ora.

C’è poi il passaggio sull’integrazione di ChatGPT, cosa che ha fatto gridare allo scandalo Elon Musk (che non è mai proprio neutrale su questi temi) ma a parte qualche dubbio visti i comportamenti di OpenAI l’approccio di Apple sembra quello di una strategia di integrazioni multiple da qui al lancio, a partire da Google Gemini.

LA PRESSIONE SOCIETÀ E LE REGOLAMENTAZIONI STANNO SORTENDO QUALCHE EFFETTO….

Oltre alla maturazione della visione tecnologica, un altro punto che inizia a prendere più forma è quello di un’influenza più efficace della società e delle normative esistenti nel direzionare le scelte delle bigh tech.

Su questo vi consiglio due interventi abbastanza in rapida successione di Matteo Flora su due diversi avvenimenti recenti.

Il primo episodio riguarda Microsoft, che ha sospeso la sua soluzione Recall che, pur animata da ottime intenzioni, di fatto si poteva trasformare in un sistema di controllo e spionaggio del comportamento dell’utente sul proprio pc.

La funzione Recall monitora una vasta serie di attività dell’utente, dalle ricerche sul web sino alle chat vocali, e le archivia creando una mole di dati su cui basare funzioni di assistenza, agendo in particolare come una sorta di vasta cronologia interattiva delle attività. Inizialmente Recall doveva essere introdotta per tutti gli utenti del chat bot Copilot+ sui Pc Microsoft ma la preoccupazione espressa a vari livelli da utenti ed esperti ha portato al blocco e una riflessione più calma da parte del colosso di Redmond.

Meta ha annunciato di aver momentaneamente sospeso i propri programmi per l’addestramento dei modelli linguistici di grandi dimensioni utilizzando contenuti pubblici condivisi da utenti adulti su Facebook e Instagram.

L’azienda di Zuckenberg si era appellata qui al legittimo interesse ma, mentre il tutto procede negli Stati Uniti, in Europa è stato sospeso il programma per le preoccupazioni dei Garanti della Privacy, a partire da quello Irlandese (paese dove Meta ha la sua rappresentanza legale).

Più in generale, sembra che anche altre soluzioni si stiano approcciando al rilascio pubblico con maggiore cautela, e non solo per la paura di sanzioni ma anche più in generale per le reazioni preoccupate dei professionisti di alcuni tipi di industry e per il timore di alterare lo svolgimento corretto di elezioni ed altri eventi delicati.

Tutto bene quindi? Beh la realtà come sempre è più complessa di così.

…MA NON MANCANO I PUNTI DI DOMANDA

Possiamo ancora fidarci di Sam Altman? Se lo chiede Riccardo Luna su La Repubblica, e le motivazioni per avere dei dubbi non mancano: si va dalle varie rivelazioni degli ex collaboratori alla piuttosto discutibile notizia che il nuovo comitato per la sicurezza aziendale include proprio il CEO. Dalla vicenda del New York Times fino a più recente quella di Scarlett Johansson, sicuramente si tratta di un terreno dove i controlli invece sarebbero molto necessari…

Lo stesso Altman, parlando in un’intervista, ammette che l’azienda ha conosciuto dei momenti organizzativi e gestionali piuttosto particolari.

D’altra parte già ai tempi della telenovela del licenziamento e del ritorno del CEO avevo sottolineato che la natura sia profit che no-profit di Open Ai è qualcosa di piuttosto ambiguo e difficile da gestire.

Ma è un problema solo di Open AI? Come dice giustamente Raffaele Gaito in questo video, siamo davanti a una serie di persone brillanti che però “giocano” con degli strumenti estremamente potenti, in un equilibrio precario tra ricerca e profitto, sicurezza e spinta oltre il limite.

Se questo è già difficile per una grande azienda strutturata della tecnologia quando è alle prese con ragionamenti sempre più di breve periodo, quanto di più lo è per aziende più piccole ma con un grande successo o, addirittura, per la futura “one billion company con un solo dipendente umano”?

La preoccupazione espressa da molti utenti nei sondaggi sui rischi delle AI non è immotivata, ma deve guardare (come sempre) alle persone, più che alle tecnologie in quanto tali.

Ho parlato già altre volte del fatto che è molto positivo che ci siano delle persone che guardano alle nuove tecnologie con un occhio non solo tecnologico o di puro impatto economico ma anche più profondamente filosofico e antropologico.

Ho affrontato questo tema sia all’inizio del 2023, proprio evidenziando questo valore, sia pochi mesi dopo provando a spiegare come si fa a non avere paura (e neppure cieco entusiasmo) della tecnologia.

Per concludere proprio con questo genere di contributi, vi metto qui sotto una conversazione tra Cosimo Accoto e Vincenzo Cosenza.

Ascoltate il video come un esempio di come si possa guardare più in profondità a questi mondi, ad esempio (spoiler 🙂) dicendo che “the human in the loop” è un concetto importante ma che ci sono altre considerazioni da fare nel modo in cui, come esseri umani, diamo significato a noi stessi, all’arte e alle cose nell’era nuova dell’intelligenza artificiale e dei suoi tanti impatti.