Una cosa è certa, noi italiani non siamo bravi a valorizzare il nostro immenso patrimonio culturale, artistico, naturale…in una parola tutto ciò che dovrebbe portare turismo nel nostro bel paese.

Non voglio generalizzare, tuttavia ci manca di certo una politica di comunicazione unitaria e ogni territorio si muove per conto suo, non sempre in modo degno.
In più ultimamente sembra che all’estero tutti su Internet facciano (casualmente) in modo di sminuirci, infierendo su debolezze reali e presunte: hanno cominciato i giapponesi dandoci dei ladri e oggi se ne vengono fuori quelli di TripAdvisor, noto sito americano di consigli ai viaggiatori, che mettono Venezia tra le cinque attrazioni turistiche con maggiore densità batterica al mondo causa piccioni.
C’è da dire che le località che precedono Venezia in carica batterica sono delle pietre Irlandesi (le Blarney Stone) baciate dai turisti in omaggio a un’antica leggenda e un grande muro colorato di chewingum stratificati dal 1993 a Seattle…insomma anche in questo caso il nostro turismo ha qualcosa in più da offrire!
Perché tuttavia non riusciamo ad esprimere a pieno il potenziale dell’Italia, offrendo il fianco alle pr ostili dei concorrenti?
Un primo punto è forse l’eccesso di offerta: c’è talmente tanto da vedere che arrivare a una sintesi è davvero difficile. Questo problema si può affrontare secondo la teoria della coda lunga: mettere a disposizione tanto e offrire dei filtri per fare ricerca.
Questo ci porta al secondo punto: dove fare questa raccolta di proposte? Pare che la vicenda di Italia.it stia vivendo un nuovo capitolo, con tutte le critiche del caso. Un portale turistico nazionale che sia il punto di accesso all’offerta di un paese è assolutamente imprescindibile per un paese turistico, al di là dei particolarismi.
I contenuti da presentare però sono tantissimi e la loro raccolta è stata finora un grosso limite: anche questo può essere affrontato delegando alle realtà locali (con grosso apporto di volontari) che con una piattaforma collaborativa e aperta possono progressivamente contribuire al popolamento dei nostri siti turistici, sotto un unico coordinamento.
Infine è importante che la gente del posto sia coinvolta nella promozione del territorio, anche grazie alle tecnologie del web 2.0, in modo da costruire racconti e storie davvero emozionanti che valorizzino un progetto di marketing territoriale in rete.
Che cosa serve allora? Soldi? Certo ma non bastano (e non possono essere buttati come in passato), occorrono un approccio collaborativo, delocalizzione, contributo dal basso, abbandono dei particolarsmi locali e riduzione della burocrazia.
Insomma un cambio di mentalità. Ci riusciremo? Voi che ne dite?
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