Lo spunto per questo post mi viene dall’ebook della mia amica Chiara Dal Ben su Vine, una nuova app acquisita sul nascere da Twitter che permette di comunicare in 6 secondi attraverso un video, che poi può essere pubblicato direttamente su Twitter stesso.
Vi consiglio senz’altro la lettura del piccolo saggio di Chiara per capire la storia e le implicazioni di Vine, che conoscevo ma che ho capito molto più chiaramente leggendo l’ebook.

Vine

Allargando lo sguardo Vine può essere definito un nuovo episodio di una tendenza interessante.
Senza dubbio l’aspetto visivo della comunicazione social sta infatti diventando assolutamente un terreno di battaglia e di business, viste le cifre spese dai big per acquisizioni (Facebook con Instagram, Google con Snapseed etc.), rilanci come nel caso di Flickr, integrazioni come per Twitter con Vine ma anche con i filtri interni per il trattamento delle immagini.
Non mancano poi anche startup italiane interessanti, come D-still con cui sto collaborando per il San Valentino di una delle insegne del Gruppo per cui lavoro: insomma c’è sicuramente movimento.

Le considerazioni d’obbligo sono diverse:

1) sintesi: in tutti i casi parliamo di video di pochi secondi (o di immagini), ossia messaggi che chiamano in causa la parte visiva della nostra percezione con stimoli molto concentrati e di visione immediata, diversi in parte dai video YouTube

2) velocità: tutto è istantaneo, di impulso, fruito in poco tempo e in linea di massima destinato a durare altrettanto poco nel tempo

3) contesto: vista la brevità è spesso il contesto che giustifica e spiega lo specifico contenuto, con riferimenti difficili da cogliere altrimenti

4) accesso semplificato e universale ai mezzi di produzione: anche il video, ultimo tipo di contenuto ad avere ancora una certa complicazione nell’essere prodotto e distribuito, con questi strumenti diventa facile per la brevità e per gli strumenti di guida e supporto nel creare montaggi offerti dalle app.

Se ci pensate bene tutti questi elementi sono propri degli user genereted content da tempo e rendono sempre più personale il modo di comunicare da uno a molti, abbattendo le barriere tecnologiche tra professionista e amatore.

Il progresso è sempre una buona notizia, mi faccio però qualche domanda, visto che come tutte le tecnologie sociali anche queste nascono in un contesto socio-culturale pre-esistente e lo modificano progressivamente:

1) Tutto questo non aumenterà ancora il “rumore” di fondo della rete, riempiendola di contenuti molto personali e poco interessanti per la collettività?

2) Non stiamo sviluppando ed incoraggiando un livello di attenzione eccessivamente breve e poco approfondito?

3) Nelle generazioni più giovani, c’è piena consapevolezza delle conseguenze della diffusione in rete di video o di immagini che possono creare imbarazzo, vista poi la loro persistenza nel tempo? Un video è ovviamente molto più potente di un post testuale.

Io sono tendenzialmente sempre favorevole alla diffusione di strumenti sempre più semplici ed accessibili a tutti per poter comunicare, e quelli di cui abbiamo parlato non fanno eccezione.
Trovo tuttavia che la tecnologia stia sviluppandosi molto più velocemente della cultura del suo corretto utilizzo e che sia sempre più urgente colmare il digital divide che non riguarda solo genitori e figli ma anche le persone più giovani che credono di sapere tutto dei nuovi media. E che invece ne possono rimanere vittime per utilizzi impropri e inconsapevoli.

Un video in sé non è pericoloso ma lo diventa in un contesto sociale in cui l’esibizione, l’aggressività, la mancanza di rispetto per le altre persone e la loro privacy, la semplificazione di argomenti complessivo sono la norma.

Voi che ne pensate? La nostra attuale cultura e consapevolezza dei media sociali è pronta per gestire la comunicazione video?